In larga misura, le leggi igieniche che Dio diede a Israele attraverso Mosè preservarono le comunità ebraiche durante il Medioevo dalle varie piaghe che attraversarono il mondo civile. Gli ebrei furono persino perseguitati perché sembravano immuni e furono quindi accusati di mettere questa maledizione sulla popolazione dei Gentili. Ci sono voluti più di 3000 anni di medicina per raggiungere Mosè, anche in qualcosa di così semplice come la necessità di lavarsi le mani. Solo pochi decenni fa la professione medica riconobbe i benefici per la salute preventiva della circoncisione, che Dio diede ad Abraamo circa 4000 anni fa. E solo di recente si è anche scoperto che l’ottavo giorno dopo la nascita (il giorno prescritto nella Bibbia per la circoncisione) il fattore di coagulazione nel sangue di un neonato è al livello più alto in assoluto.
NUGGETS FROM “AN URGENT CALL TO A SERIOUS FAITH” BY DAVE HUNT


La solitudine del cristiano è il risultato del suo cammino con il Signore in un mondo senza Dio, un cammino che molto spesso lo porta lontano dalla compagnia dei buoni cristiani così come da quella del mondo impenitente. L’istinto, che Dio gli da, grida in cerca della compagnia di altri come lui, altri che possano comprendere i suoi desideri, le sue aspirazioni e il suo assorbimento nell’amore di Cristo; e poiché nel suo circolo di amici ce ne sono ben pochi che condividono le sue esperienze interiori, è costretto a camminare da solo. I desideri insoddisfatti dei profeti per la comprensione umana causarono loro di alzare grida nel loro malessere, e anche il nostro Signore soffrì nella stessa maniera.
L’uomo che è passato in presenza divina attraverso un’effettiva esperienza interiore non troverà molti che lo capiscano. Egli farà di certo parte di una sorta di fratellanza sociale mentre nell’attività regolare della chiesa si mischia alle persone religiose, ma la vera fratellanza spirituale sarà difficile da trovare. Non dovrebbe comunque aspettarsi che le cose siano diverse. Dopotutto, egli è uno straniero ed un pellegrino, e il viaggio che intraprende non è con suoi piedi ma nel suo cuore. […] Trova pochi che hanno la premura di parlare di quello che è l’oggetto primario del suo interesse, così rimane spesso silenzioso e preoccupato nel mezzo del frastuono delle chiacchiere da religiosi. Per questo, si guadagna la reputazione di essere noioso o troppo serio, tanto da essere evitato e il divario tra lui e la società si amplifica. È alla ricerca di amici, sui quali possa distinguere l’odore della mirra e dell’aloe e della cassia fuori dei palazzi d’avorio, e trovandone pochi o nessuno, lui, come la Maria del passato, conserva queste cose nel suo cuore. È questa stessa solitudine che lo riporta a Dio. […] La sua inabilità a trovare compagnia umana lo spinge a cercare in Dio ciò che in nessun altro luogo riesce a trovare.
A.W.Tozer (Man, The dwelling place of God, cap. 39)
La prima lettera di Giovanni manca di saluto, introduzione personale, e chiusura, quindi il suo stile sembra più quello di un trattato o di un sermone (Thompson, 2011). Tuttavia, mostra pur sempre caratteristiche epistolari, essendo diretta a una congregazione, della quale affronta i problemi.
Vedremo come il consenso accademico affermi che l’occasione per questa epistola risieda in una primordiale forma di gnosticismo (Stott, 1988; Harris, 2003) e come recenti ricerche abbiano invece messo in discussione tale teoria (Griffith 1997; 1998).
Lo scopo dell’epistola sarà valutato confrontando il Test della Vita con il Test della Comunione, e discutendo la presunta natura polemica della lettera.

Vi invitiamo a leggere questo bel libro: è scritto davvero bene, facile da leggere, molto coinvolgente. Vi ritroverete a non voler perdere nemmeno una parola, sarete messi alla prova, il che è sempre buono, ma sarete anche incoraggiati, a cercare Dio con più assiduità e a desiderare di obbedire al Suo volere.
È la storia di una famiglia, con molti conflitti e instabilità sia economica che relazionale. È raccontata da tre fratelli, secondo le loro prospettive e in loro possiamo notare come il risultato del peccato e del caos che esso crea nel mondo abbiano un effetto del tutto diverso e personale su ognuno di loro: l’una (Maria Luisa Cini) scappa via cercando di realizzare il suo sogno d’amore, che ama sognare ad occhi aperti; l’altra (Annalisa Cini) che rimane, nascondendo in sé il tumulto del proprio animo; infine l’ultimo (Gianni Cini) che cade nella dipendenza dalla droga. Tre membri della stessa famiglia, tre modi diversi di reagire. Fino a che un giorno, la luce di Dio penetra nel buio delle loro situazioni e dei loro animi e, in tempi diversi e attraverso percorsi del tutto personali (eppur interconnessi!), porta nelle loro vite salvezza, scopo e pace.
In questo libro troverete la forza guidata da Dio, la pazienza che perdura, decisioni difficili, il miracolo del perdono, una buona dose di ironia e infine, la buona novella della restaurazione: una famiglia trasformata dalle mani del più amabile e talentoso Vasaio che c’é!
Lo potete acquistare qui.
Per quanto possano essere grandi le difficoltà che circondano molte porzioni di profezia incompiuta, per me due punti sembrano risaltare in modo così chiaro che paiono scritti con un raggio di sole. Uno di questi punti è il secondo personale avvento del nostro Signore Gesù Cristo prima del Millennio. L’altro di questi punti è il futuro raduno letterale della nazione Ebraica e il loro ripristino nella terra promessa. Non dico a nessuno che queste due verità sono essenziali alla salvezza e che non si può essere salvato a meno che le si veda coi miei occhi. Ma dico a chiunque che queste verità mi appaiono distintamente nella sacra Scrittura, e la negazione delle stesse è per me stupefacente e incomprensibile tanto quanto il negare la divinità di Cristo — J. C. Ryle
Tradotto liberamente da: Ryle, J. C. (1867). Coming Events and Present Duties: Being Miscellaneous Sermons on Prophetical Subjects. London: William Hunt.

“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità”
Con queste parole, che sono diventate fondamentali nella storia per definire e legislare i diritti umani, si stendeva la dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’ America. Da sempre difensori, persino a livello mondiale, di tali principi, oggi una parte dell’America, per l’esattezza lo stato di New York, ha deliberato legale la rinnegazione del diritto inalienabile alla vita, sancito da quel documento che gli americani amano festeggiare il 4 Luglio, giorno dell’Indipendenza. Da qualche giorno infatti, è divenuto legale l’aborto (o dovremmo forse dire l’assassinio), di essere umani nel grembo materno fino al termine della gravidanza, fino cioè ai 9 mesi (prima il termine legale era fino alle 24 settimane).
Recentemente ci siamo trovati ad affrontare una controversia nata da un articolo sulla dottrina della provvidenza divina, pubblicato su un sito aderente, in larga parte, alla teologia riformata (Calvinismo). Il disaccordo è nato dal fatto che colui che ce lo ha riportato, seppur dichiarandosi ferventemente non calvinista, non aveva riconosciuto che tale articolo aveva proprio quell’impronta.
Vogliamo qui evidenziare, passaggio per passaggio, gli elementi che si rifanno a tale dottrina, così che il lettore possa conoscerli e riconoscerli in futuro, ed evidenziare il perché, alla luce della Parola, essi siano da ritenersi non biblici.
Chiunque creda che l’intera Bibbia sia stata inventata non è uno scettico; ma è, nel significato più puro del termine, un ignorante, poiché molti dei dettagli biblici sono corroborati dall’archeologia e da altri scritti storici.
Dei tanti, diamo un’occhiata a tre aspetti della Bibbia che, presi insieme, aiutano a spiegare con fiducia come facciamo a sapere che la Bibbia non è pura fiction.
Nulla di ciò che ci è stato dato è nostro per diritto. Desiderare qualcosa non ci da il diritto di ricevere o soddisfare quel desiderio. Bisogna stare attenti a non trasformare quel desiderio nel nostro unico desiderio, o quel che è peggio, trasformarlo in un idolo che va soddisfatto. Dobbiamo invece guardare nelle nostre vite e considerare quello che abbiamo. Perché è stato dato a noi nello specifico, da Dio. Alcuni doni sono per me, altri sono per qualcun altro. Ciò che è stato dato a te, non necessariamente deve essere dato anche a me. Ciò che è normale per molti (avere uno sposo, un bambino o una casa di proprietà), non lo è necessariamente per altri. E viceversa. La chiave per la gioia è comprendere questo: ciò che voglio non è sempre ciò di cui ho bisogno; ciò di cui ho bisogno è ciò che ho; ciò che ho deve diventare ciò che voglio. Questo è vivere appieno e con gratitudine. E se mi venisse dato di più, allora ancor di più non desidererò ciò che non ho, ma ancora di più gioirò di quel che ho.
Un cuore gioioso è un cuore che riposa nell’accontentarsi e non richiede nulla in più di quello che già ha. Questo compiace il nostro buono e generoso Dio. Se siamo nel bisogno allora preghiamo e Dio provvederà (Matteo 6:25-34), ma fratelli, non compromettiamo il piacere di godere delle cose che abbiamo per il desiderio bruciante e consumante per le cose che non abbiamo.
Camminiamo retti e manteniamoci puri.
La pietà, con animo contento del proprio stato, è un grande guadagno. Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo, e neppure possiamo portarne via nulla. (1 Timoteo 6:6-7)

Era il 15 Aprile 1912, quando il transatlantico Titanic affondò sotto le acque ghiacciate del Nord Atlantico portando con sé 1517 vite. La più grande, la più lussuosa nave conosciuta dall’uomo in quel tempo se n’era andata, ricordando al mondo la nostra fragilità di esseri umani. Ma l’affondamento del Titanic fu più di una tragedia storica. C’è la storia di un eroismo coraggioso e di una fede incrollabile.
L’enfasi del nostro verso portante sta nella frase “più di ogni altra cosa”. Altre versioni, come la Diodati, traducono “con ogni cura”; la versione inglese invece riporta “con ogni diligenza”. Potremmo in breve dire che dovremmo:
- Curarlo con ogni cura possibile
- Difenderlo con ogni difesa possibile
- Custodirlo con ogni custodia possibile
Un buon punto di partenza per fare ciò è chiedere a Dio, come il salmista ha fatto:
Esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore. Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri. Vedi se c’è in me qualche via iniqua e guidami per la via eterna. (Salmi 139:23-24)
È la prima volta che partecipo ad una conferenza per sole donne. Devo ammettere che ci sono andata abbastanza scettica, il che è perfettamente conforme alla mia natura. Eppure, il Signore mi ha sorpreso, in maniera dolce e bella (come è Suo solito fare!), così che di questa GBWA Kent Women Conference adesso ho un ricordo stupendo. E con grande desiderio voglio parlarne con voi, perché possiate come me trarre beneficio da ciò che ho ascoltato e ricordare questo messaggio importante, per applicarlo ogni giorno.
Custodisci il tuo cuore più di ogni altra cosa, poiché da esso provengono le sorgenti della vita” (Proverbi 4:23)