È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede

Autore: Manuela Page 1 of 2

L’adempimento delle Scritture nel Venerdì Santo

Il Venerdì Santo[1] è appena passato. È il giorno in cui si ricorda la croce di Gesù, la sua morte agonizzante sul legno. Per chi è familiare con il testo biblico, questo giorno non è affatto un giorno che coglie di sorpresa; non è inaspettato come si possa pensare e non è un qualcosa che avrebbe dovuto cogliere impreparati coloro che lo stavano vivendo più di duemila anni fa. Di certo questo giorno non era inaspettato per Gesù: Egli sapeva infatti più che bene, che quel giorno sarebbe arrivato; anzi, Gesù era venuto ed aveva vissuto proprio in vista di quel fatidico giorno. Avrebbe ricordato infatti più tardi a due suoi seguaci sulla via di Emmaus, che tutte queste cose dovevano accadere secondo le Scritture: “Non doveva il Cristo soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria?” disse loro Gesù, al vederli stupiti delle cose accadute quel Venerdì Santo. “E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano” continua il verso in Luca (24:25-26). 

Quali sono dunque queste “cose che lo riguardavano” che troviamo nelle Scritture a partire da Mosè fino a tutti i profeti? In questo studio, vogliamo soffermarci su una selezione di passaggi biblici che hanno preannunziato e poi descritto fin nei minimi dettagli tutto quello che Gesù, il Messia, avrebbe sofferto e perché. 

Romani 10:9-10 – È giusto usarli per evangelizzare?

Citati in tanti volantini evangelisti o proclamati dal pulpito, questi versetti vengono spesso usati per indirizzare i non credenti verso il vangelo della vita eterna. Tuttavia, è davvero a questo che Paolo si riferisce qui?

Contesto

Il libro dei Romani fu scritto da Paolo alla chiesa di Roma, che molto probabilmente si formò attraverso la predicazione di Pietro, come leggiamo in Atti 2. Da quel passaggio leggiamo che molti Giudei di “ogni nazione che è sotto il cielo” (v. 5), anche da Roma (v. 10), erano a Gerusalemme per una festività giudaica. Probabilmente questi ebrei tornarono a Roma con il messaggio del vangelo e vi formarono una chiesa. Tuttavia, quella chiesa era molto probabilmente composta sia da ebrei che da gentili, dato che Paolo affronta, in questa lettera, questioni dottrinali per entrambe le audience.

Presumibilmente, il capitolo che stiamo analizzando fa parte di un problema molto specifico che questa chiesa sta vivendo, e Paolo affronta questo problema nei capitoli 9, 10 e 11: un conflitto tra ebrei e gentili, forse una qualche forma di antisemitismo (Ro 14-15). Tuttavia, sostiene Paolo, Dio è fedele e manterrà le Sue promesse (Ro 8:29) sia agli Ebrei, sia ai Gentili. Dio ha infatti eletto Israele (Ro 9), poi ha rigettato Israele a causa della sua incredulità (Ro 10), ma alla fine riceverà e accetterà nuovamente Israele (Ro 11).

Ora, il capitolo 10 inizia con Paolo che dichiara quanto sia grande il suo desiderio di vedere la nazione di Israele rivolgersi finalmente a Gesù come al loro tanto atteso Messia. Ma poi, sottolinea che hanno preferito la propria giustizia a quella di Dio (vv. 3-4). Per questo motivo, non sono in grado di “invocare il nome del Signore”, a causa della loro mancanza di fede (v. 10). Le conseguenze sono l’essere fuori dalla comunione e dalla protezione (v. 10) di Dio.

Gioele 2:32


Il versetto dal libro di Gioele che Paolo cita in Romani 10:13 è importante per la comprensione di Romani 10:9-10. “Invocare il nome del Signore” è qualcosa che i credenti in generale fanno, ma qui è specifico del tempo della Tribolazione (Gioele 2:31), quando Israele riconoscerà il Messia. Essi “invocheranno il suo nome” e saranno salvati, saranno riscattati e finalmente sarà dato loro il regno terreno promesso ai loro padri.

Conclusione

Tenendo conto del contesto di Gioele 2:32 e dello scopo generale del libro di Romani, non si può dire che i versetti analizzati siano soteriologici nel loro scopo. La salvezza di cui si parla nel versetto 9 fa parte di un discorso più ampio che Paolo stava cercando di fare per suscitare accettazione e compassione per la nazione di Israele, eletta irrevocabilmente da Dio (Ro 11:28), temporaneamente fuori dalla comunione (Ro 11 :15), ma che alla fine sarà ripristinata (Ro 11:26). Infine, la salvezza menzionata nei versetti 9 e 10 presuppone anche la salvezza soteriologica, come possiamo dedurre da Romani 10:14-15.

La certezza della salvezza negli scritti di Pietro, Giacomo e Paolo

Introduzione

La dottrina della certezza e sicurezza eterna è stata a lungo una pietra angolare della fede cristiana, offrendo conforto e incoraggiamento ai credenti mentre navigano nelle vicissitudini della vita. Radicata negli insegnamenti di Gesù e degli apostoli, questa dottrina delinea la natura immutabile delle promesse di Dio e la certezza della salvezza del credente in Cristo.

La certezza è il terreno su cui molte teologie si dividono e prendono posizione; Mi piace questa citazione di Ken Keathely: “Gli arminiani sanno di essere salvati ma hanno paura di non poterla mantenere, mentre i calvinisti sanno di non poter perdere la loro salvezza ma hanno paura di non averla”[i]. In tutto il Nuovo Testamento, tuttavia, la dottrina della certezza e della sicurezza eterna è accentuata come una verità inconfutabile, fondata sulla grazia di Dio, sull’opera sacrificale di Gesù Cristo e sulla potenza rigeneratrice dello Spirito Santo. Sottolineando l’origine soprannaturale della nuova nascita del credente, gli scritti apostolici fungono da fervido appello ai cristiani affinché riconoscano la loro incrollabile posizione davanti a Dio, liberi dal timore di perdere la loro salvezza.

Attributi degni di ricompensa

Onore all’umile

Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli”

(Matteo 5:3 – NR2006)

Devo confessare che quando mi sono offerta di scrivere su questo particolare attributo che troviamo nelle Beatitudini, non avevo idea di cosa significasse davvero essere “poveri in spirito”. Inizialmente, pensavo significasse “essere tristi” o magari “deboli”. Tuttavia, dopo un bel po’ di ricerca, ho trovato un articolo di Zane Hodges che mi ha aiutato a fare chiarezza. 

Dono e ricompensa

Il dono e la ricompensa

Come capita molto spesso, è nell’ambiente casalingo che le conversazioni più interessanti e costruttive hanno luogo. Il Signore ha posto nella famiglia un esempio meraviglioso del Suo amore e del suo agire nei nostri confronti: molte volte noi agiamo con i nostri figli nello stesso modo in cui il Signore interagisce e cerca di comunicare con noi.

L’altro giorno, mentre stavamo parlando con i nostri bimbi del Natale che è alle porte, inevitabilmente viene fuori il conflitto tra i due personaggi preminenti del Natale: Babbo Natale e Gesù. Per alcuni il Natale consiste solo dell’uno, per altri solo dell’altro. E nello spiegare ai nostri figli qual è il vero senso del Natale e quale l’unico e indiscutibile protagonista, ci siamo soffermati a considerare la differenza che c’è tra dono e premio.

I tempi del rapimento: la posizione pretribolazionista — Parte II

Dopo il quadro storico della prima parte, in questa seconda e ultima parte del capitolo dedicato alla posizione pretribolazionista analizzeremo passaggi chiave ed esporremo sette ragioni a favore.

Passaggi Chiave: Giovanni 14

“Il vostro cuore non sia turbato; credete in Dio, e credete anche in me! Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo? Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi”

Giovanni 14:1-3

Molti studiosi sostenitori della dottrina vedono questo passaggio come relativo al rapimento pretribolazione. 

Un significativo numero di commentatori ha notato che ciò che ci dice il Signore in Giovanni 14 si può ritrovare nel discorso di Paolo nella sua prima lettera ai Tessalonicesi; J.B. Smith, tra questi, ha dimostrato quanto tali passaggi siano correlati. Lo studioso ha anche cercato di ricreare lo stesso parallelo tra Giovanni 14 e Apocalisse 19:11-21, senza successo: “infine neppure una singola parola nei due elenchi è usata nella stessa relazione o connessione​[5]​ dichiara Smith (p. 312).

Giovanni 14:1-3 1 Tessalonicesi 4:13-18
Turbato v.1Triste v.13
Abbiate fede v.1Credete v.14
Dio, me v.1Gesù, Dio v.14
Detto (a voi) v.2Vi diciamo v. 15
tornerò v.3Venuta del Signore v.15
Vi accoglierò v.3Verremo rapiti v.17
Presso di me v.3Incontrare il Signore v.17
Dove sono Io, siate anche voi v.3Saremo sempre con il Signore v. 17

Smith osserva che le parole e le frasi rappresentano un parallelo quasi perfetto. Si susseguono infatti nello stesso ordine; trattano entrambi solo di credenti e in entrambi i versi è descritto il loro destino, dalla tristezza della Terra alla gloria del Cielo.​[3]​

Sembra ovvio quindi concludere che Paolo stesse descrivendo lo stesso evento che il Signore Gesù ha annunciato l’ultima sera prima della Sua morte: le finalità di entrambi i passaggi sembrano indicare un evento futuro che è mirato a confortare gli animi di alcuni credenti aggravati, nel primo caso dalla dipartita del Signore Gesù, nel secondo da quella dei loro amati fratelli e sorelle. Entrambi i passaggi cercano di cambiare le loro prospettive, donandogli la beata speranza della redenzione e dell’eternità col Signore. Questo parallelo è importante nel grande dibattito pre e post tribolazione, poiché se la Chiesa venisse rapita poco prima del Secondo Avvento di Cristo sulla Terra, allora non raggiungerebbe mai le dimore in Cielo che il Signore Gesù è andato a prepararci. Come abbiamo visto, infatti, per i post-tribolazionisti la Chiesa discenderebbe immediatamente sulla Terra dopo aver incontrato il Signore a mezz’aria e comincerebbe con Lui il Millennio. Ma se così fosse, allora le frasi “nella casa del Padre ci sono molte dimore” e “vado a prepararvi un luogo” non troverebbero compimento. Non così però nel caso pretribolazionista: le dimore preparate per noi, sarebbero quelle in cui alloggeremo mentre la Tribolazione si scatena sulla Terra.

I tempi del rapimento: la posizione pretribolazionista — Parte I

E siamo arrivati alla fine del nostro viaggio attraverso le diverse posizioni teologiche riguardo al rapimento. In quest’ultimo capitolo, diviso in due parti, tratteremo della dottrina del pretribolazionismo, la quale insegna che il rapimento non sarà preceduto da nessun evento escatologico particolare, può avvenire in qualsiasi momento: vedremo la storia di questa dottrina, cercheremo di capire perché è una dottrina tardiva; analizzeremo da vicino i versi chiave che molti sostenitori del pretribolazionismo usano per giustificare le loro conclusioni ed infine diremo in sette punti perché questa è la dottrina più convincente che abbiamo finora analizzato. 

Il quadro storico

Molti antagonisti di questa dottrina puntano alla sua recente nascita per minare la sua validità. Eppure, sempre più studiosi oggi stanno concentrando i loro sforzi per colmare quel gap di 1800 anni che separa la Chiesa degli Apostoli dalla formalizzazione del moderno pretribolazionismo. Ad oggi molti documenti sono stati portati alla luce che attestano insegnamenti estremamente simili al moderno pretribolazionismo antecedenti il 1800.

O morte, dov’è la tua vittoria?

«O morte, dov’è la tua vittoria? O morte, dov’è il tuo dardo?» Ora il dardo della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge; ma ringraziato sia Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo.

1 Corinzi 15:55-57

Viviamo tempi così incerti. Tante persone stanno perdendo o hanno perduto i loro cari in una maniera atroce e straziante. Molti non hanno avuto nemmeno la possibilità di dirsi addio, né hanno avuto una salma su cui piangere. Il dolore della perdita è sempre il più struggente, il più acuto possibile. In queste ore ho letto tante storie orribili, il pianto ha caratterizzato i nostri ultimi mesi e la paura ogni singolo giorno.

Questo articolo è rivolto a tutti coloro che stanno soffrendo per la perdita di qualcuno; per coloro che stanno lottando con la malattia e per coloro che stanno seduti sul divano e non hanno alcuna certezza del futuro. La vostra sofferenza non passa indifferente. La forza che oggi vi sembra venire meno, non rimane incompresa. Ma è stata già sollevata, ha ricevuto già conforto.

Eppure vi chiedete, dov’è Dio in tutto questo?

Pesach

La prima Pesach

Fu una notte buia, più buia del solito. Le stelle sembravano coperte da un velo leggerissimo, le intravedevo ancora da una piccola fessura della finestra chiusa, ma non splendevano come al solito, sembravano opache. Forse ero solo io che percepivo le cose in maniera diversa, perché non sapevo cosa aspettarmi, non sapevo come sarebbe avvenuto, ma sapevo che quella notte non era come le altre, non poteva esserlo. Seguimmo le istruzioni alla lettera. Ogni cosa era stata preparata e poi eseguita nel dettaglio, perché solo così, ci fu detto, io e tanti altri come me avremmo potuto vedere l’alba del giorno dopo.

I tempi del Rapimento: la posizione post-tribolazionista

La posizione post-tribolazionista colloca il rapimento della Chiesa di Cristo alla fine del periodo della Grande Tribolazione, in coincidenza con il secondo Avvento del Signore (Ap 19). In linea generale, questa posizione rigetta la dottrina dell’imminenza e ritiene che la Chiesa debba passare attraverso la Grande Tribolazione per attendere il ritorno di Cristo, il quale discenderà sulle nuvole, chiamerà a sé la Chiesa (rapimento) per poi ridiscendere con lei sulla Terra e manifestarsi al mondo nel Suo ritorno.

Ora, questa descrizione è abbastanza generale e ottimistica, questo perché in realtà c’è una varietà di posizioni all’interno dell’ambito post-tribolazionista. Alcune di queste varianti sono contrastanti fra loro o sono state adattate nel tempo in risposta a problematiche scritturali neglette—come vedremo—dalla Chiesa primitiva. In questo studio cercheremo di guardare a quelle più importanti, prima di analizzare la validità del post-tribolazionismo alla luce delle Scritture.

Famiglia

Perché Dio ha creato un virus così cattivo?

L’altro giorno, mentre vestivo la nostra bambina, con i suoi begli occhioni grandi un po’ tristi, mi ha chiesto:

Ma se Dio è buono perché ha creato un virus così cattivo?

Il mio primo istinto è stato quello di abbracciarla forte, perché nella sua vita così piccola e innocente, sebbene con un impatto diverso rispetto a quello che questo assurdo virus ha avuto nella vita di noi “grandi”, anche lei ha subito un brutto colpo: ad un tratto la sua routine è stata bruscamente interrotta; non può giocare più all’aperto né andare a scuola; le sue amichette non possono più venire a casa; persino il sunday club della chiesa, che lei ama tanto, è inaccessibile per lei!

Questa è una domanda molto comune al giorno d’oggi, lo era prima del coronavirus, lo è tanto di più adesso. Qui vogliamo darvi una risposta a misura di bambino, ma che magari può servire anche a chi è più grandicello.

Innanzitutto le ho ricordato che Dio è buono e che da Lui possono venire solo cose buone: Gesù ha detto che un uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae cose buone, quanto più allora Dio, che è il più buono di tutti!

Quando Dio ha creato la terra e l’uomo, allora tutto era buono, anzi molto buono! (Genesi 1:31). Ma l’uomo, attraverso la sua disobbedienza, aveva voltato le spalle al suo Creatore, per seguire il consiglio del serpente. Con questo suo gesto, tutta la perfetta creazione di Dio fu rovinata, e il peccato fu introdotto nel mondo. Il peccato è male, un’azione contraria al bene: con esso arrivò anche la morte, affinché sia all’uomo, che al resto della creazione, che erano diventati corrotti, non potesse essere permesso di vivere per sempre. Da allora, il mondo è diviso tra le cose buone che Dio ha creato e le cose del male. Per questo abbiamo frutti buoni, e frutti cattivi; batteri buoni e anche quelli cattivi; animali buoni e animali cattivi. Entrambi, il bene e il male, devono coesistere nel mondo e sono in lotta continua.

Ma il Signore ha disposto di un’arma invincibile, e con Essa ha vinto la battaglia.

Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.

Giovanni 3:16

Il Messia promesso sin dall’inizio (Genesi 3:15) è stato mandato nel mondo, per amore del Creatore verso la sua creatura, e così ogni cosa del male fu sconfitta. Proprio come nei film: il bene vince sempre sul male!
Gesù, il Messia ha sofferto la morte del peccato, da uomo innocente, al posto nostro, ed è risorto alla vita eterna promettendola a chiunque creda in Lui. Così chiunque crede in Lui passa dalla morte alla vita, dalla fazione dal male a quella del bene! E diventano figli del bene.

Il Signore ha dichiarato un giorno in cui Egli ritornerà e riconquisterà il mondo eliminando ogni figlio del male e portando a completamento la Sua opera di salvezza, su tutta la creazione. Per sempre. Immaginate allora i figli del bene come gioiranno!

A questo punto, mia figlia sorrideva di nuovo.


Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che deve essere manifestata a nostro riguardo. Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio;  perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta, nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio. Sappiamo infatti che fino ad ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo. Poiché siamo stati salvati in speranza. Or la speranza di ciò che si vede non è speranza; difatti, quello che uno vede perché lo spererebbe ancora? Ma se speriamo ciò che non vediamo, lo aspettiamo con pazienza.

Romani 8:18-25

Cos’è l’amore?

L’amore! Oh, l’amore! Qualcuno disse che «move il sole e le altre stelle!» Cosa è l’amore?

Molti lo interpretano come fosse solo un sentimento, forte e passionale al momento, ma facile a spegnersi come il lume di una candela. L’amore cangevole, universale, unisex, interscambiabile. Una cosa straordinariamente soggettiva, senza complicazione né impegno. Così visto, l’amore è come un gioco, uno scherzo da non prendere sul serio, un abito di marca deprezzato all’outlet. Quanto è confuso l’amore di oggi!

Su un libro straordinario è scritto che Dio è amore. Com’è allora l’amore di Dio che ha inteso sin dal principio per l’uomo?

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