Per Grazia

È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede

Una riflessione sull’educazione alla pace a scuola

Negli ultimi giorni ci siamo trovati di fronte a una decisione: come reagire quando la scuola propone iniziative che, pur vestite del linguaggio della pace e della convivenza civile, presentano contenuti, metodi e simboli difficilmente conciliabili con una visione cristiana del mondo?

La circostanza, nel nostro caso, è stata la Marcia della Pace organizzata dalla scuola dei nostri figli. Una manifestazione pubblica, con cartelloni, canti e la partecipazione di figure politiche e istituzionali.

L’iniziativa, nelle sue intenzioni, vuole promuovere valori condivisibili da tutti. Tuttavia, osservandola con attenzione, rivela almeno tre criticità che credo sia necessario discutere apertamente, non per spirito polemico, ma per responsabilità educativa.

Romani 6:23

Il dono gratuito della vita eterna

I cinici spesso dicono che “niente è mai veramente gratis”. Ma questo libro, la Bibbia, parla del dono gratuito più grande di tutti: la vita eterna.  

Questo è offerto da Dio a tutta l’umanità,

“Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16).

Chi erano? Chiarimenti su Giovanni 8:31–47

L’ottavo capitolo del Vangelo di Giovanni contiene uno dei dialoghi più fraintesi del Nuovo Testamento. Inizia con la splendida affermazione: “Mentre egli parlava così, molti credettero in lui.” (Giovanni 8:30), ma nel giro di pochi versetti, coloro che sembrano aver creduto vengono definiti bugiardi, assassini e figli del diavolo. Per secoli, i commentatori hanno faticato a spiegare questa tensione. Questi “credenti” hanno forse perso la fede? La loro fede era insincera fin dall’inizio? La fede non è sufficiente? O sta accadendo qualcos’altro nella narrazione che molti non sono riusciti a vedere?

La risposta non sta nel sminuire il significato della  fede, ma nel leggere attentamente ciò che Giovanni ha effettivamente scritto.

Il 7 ottobre e il risveglio di un antico odio

Il 7 ottobre 2023 rappresenta un’immensa tragedia per Israele. L’attacco immotivato di Hamas verso la popolazione civile, che è stata brutalmente assassinata e rapita, ha sconvolto il mondo.

Nelle prime ore di quel sabato mattina, in concomitanza con la festa ebraica di Simchat Torah, oltre 3.000 razzi lanciati da Gaza colpirono città e villaggi israeliani. Sotto la copertura dei bombardamenti, circa 2.000 militanti di Hamas violarono la barriera di confine in più punti, invadendo più di venti comunità civili e avamposti militari. Massacrarono intere famiglie nelle loro case, colpirono brutalmente a morte migliaia di giovani che partecipavano a un festival musicale vicino a Reim, bruciarono case con persone al loro interno e portarono a Gaza più di 240 ostaggi, tra cui donne, bambini e anziani. Oltre 1.200 israeliani furono uccisi in un solo giorno, rendendolo l’attacco più mortale contro gli ebrei dai tempi dell’Olocausto. Hamas filmò e trasmise molte delle uccisioni, celebrandole come una vittoria religiosa. E vi risparmierò i dettagli raccapriccianti e crudi delle loro azioni.

Ma ciò che seguì fu altrettanto rivelatore: mentre Israele cerca di smantellare l’infrastruttura terroristica a Gaza, viene accusato di genocidio, fame infantile e crudeltà. Ancora una volta, lo Stato ebraico diviene bersaglio di un’inversione morale: accusato di aver tentato di difendere i propri cittadini.

Tali reazioni non sono nuove. Sono echi di un antico odio che è riemerso in ogni generazione. I nemici di Israele cambiano nome e lingua, ma l’ostilità di fondo rimane la stessa. L’indignazione seguita al 7 ottobre ha messo in luce quanto l’antisemitismo sia profondamente radicato nella coscienza occidentale. Mentre Israele esercita moderazione e precisione per evitare vittime civili, i media mondiali amplificano narrazioni distorte, rilanciando la più antica di tutte le calunnie: l’idea che gli ebrei siano intrinsecamente colpevoli.

Questo odio, tuttavia, non può essere spiegato solo dalla politica o dai pregiudizi dei media. Le sue radici sono teologiche. Il mondo odia Israele perché Dio lo ama. Il conflitto spirituale che circonda Israele non riguarda confini o politiche: riguarda la fedeltà di Dio alle Sue promesse.

Figliol Prodigo

Una volta figlio, per sempre figlio

Il Ritorno del Figliol Prodigo di Rembrandt, che raffigura l’abbraccio del padre al figlio ribelle. Lo stato pietoso in cui si trova figlio non vanifica il suo stato di figlio né l’amore del padre, illustrando il legame duraturo tra Dio e i Suoi figli. 

Per molti lettori, la parabola del figliol prodigo evoca una drammatica scena di conversione, un non credente che tocca il fondo e infine “arriva a Gesù”. Innumerevoli appelli all’altare sono stati costruiti attorno a questa amata storia. Eppure, ironicamente, la parabola non riguarda affatto come un non credente diventi figlio di Dio; riguarda un figlio traviato, già in famiglia, che rompe la comunione e in seguito viene ristabilito. Se correttamente interpretato, il viaggio del figliol prodigo afferma con forza la dottrina della sicurezza eterna, dimostrando che una volta che si è veramente figli del Padre, tale status non è mai in pericolo.

Ravvedimento e Regno: perché Israele è ancora importante

Ho scritto e discusso questo punto diverse volte in passato e, per me, non serve altro che un’attenta lettura di Matteo 24 per capire che la seconda venuta di Gesù è un evento giudeocentrico. È Gerusalemme che Egli piange. È a Sion che ritorna. Ed è il ravvedimento nazionale di Israele a fungere da cardine della storia della redenzione.

Ciononostante, vorrei commentare qui un prezioso articolo di Michael J. Vlach intitolato Israel’s Repentance and the Kingdom of God (MSJ 27/1, primavera 2016). Sebbene Vlach e io potremmo non essere d’accordo su tutto—lui è riformato nella sua soteriologia, mentre io sostengo la teologia della Grazia Gratuita—il suo lavoro su Israele e l’escatologia è solido, equilibrato e ben documentato. Questo articolo, in particolare, evidenzia ciò che molti sembrano trascurare: il modello profetico che collega il ravvedimento nazionale di Israele con l’avvento del regno e il ritorno del Messia.

2 Corinzi 13:5

Comprendere 2 Corinzi 13:5

Esaminatevi per vedere se siete nella fede; mettetevi alla prova. Non riconoscete che Gesù Cristo è in voi? A meno che l’esito della prova sia negativo. — 2 Corinzi 13:5

Questo versetto è spesso citato come testo di prova per promuovere l’introspezione come requisito per la certezza della salvezza. I credenti sono spesso esortati a guardare dentro di sé, alla ricerca di segni soggettivi di rigenerazione o santificazione, per non essere trovati inadeguati. Eppure, una lettura attenta, sia al contesto immediato che al più ampio corpus paolino, dimostra che questa interpretazione è errata.

Codice da Intelletto

Il sigillo dell’intelligenza: perché il DNA punta a Dio

Come informatico, ho passato la vita a lavorare con il codice. Conosco la differenza tra casualità e logica, rumore e segnale. Il codice ha una struttura. Ha una sintassi. Segue regole e porta con sé un’intenzione. Il codice non si ottiene per caso. Non si ottiene significato senza che ci sia dietro una mente.

Il che mi porta al genoma umano, la cui scoperta avrebbe dovuto dare il colpo di grazia alla teoria dell’evoluzione.

Il DNA non è solo una molecola. È un  messaggio , un linguaggio digitale di quattro lettere che codifica la costruzione e il funzionamento della vita con un’efficienza sorprendente. Contiene logica condizionale, correzione degli errori, compressione dei dati ed elaborazione parallela. I biologi parlano di “codice genetico” per una buona ragione: è un sistema formale di rappresentazione simbolica.

Ed è qui che sta il problema.

Perché il rapimento deve essere distinto e pre-tribolazione

O altrimenti non c’è alcun Rapimento

Ogni tanto torna fuori la questione del Rapimento, soprattutto con un mio caro fratello che ha sempre faticato a comprenderne la logica.

Sebbene non abbia opinioni contrastanti sul Rapimento, né ne faccia una prova di ortodossia, nutro una forte convinzione al riguardo. E credo che valga la pena mettere per iscritto il ragionamento che ho condiviso con lui l’ultima volta che ne abbiamo discusso.

In quell’occasione, aveva iniziato a propendere per l’idea che il Rapimento e la Seconda Venuta potessero essere lo stesso evento, una posizione che considerava forse la più logica.

Mi permetto di dissentire. Se il Rapimento esiste davvero, deve essere un evento distinto dalla Seconda Venuta, e deve avvenire prima della Tribolazione. Qualsiasi altra opinione, a mio avviso, crolla sotto il peso sia della Scrittura che della ragione.

Il peso dell’esperienza e la semplicità della fede

La tragedia dei nostri giorni è che il semplice Vangelo è stato sempre più oscurato da un’enfasi perniciosa sull’esperienza soggettiva. Ho già osservato che questo errore ha portato a confusione e dubbi, in particolare riguardo alla questione del battesimo e alla certezza della salvezza. Eppure il problema è ancora più ampio. Intacca il modo in cui concepiamo la conversione stessa.

Un’idea sempre più diffusa tra alcuni cristiani è che la vera conversione debba essere accompagnata da un'”esperienza” percepibile ed emotiva con il Signore. Senza tale esperienza, sostengono, la fede di una persona non può essere considerata autentica. Questa posizione non è semplicemente errata; è assurda e rasenta il male.

Considerate una ragazza che cresce in una famiglia cristiana. Fin da piccola le è stato insegnato il Vangelo e confessa con sincerità che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e che credendo avrà la vita eterna (Giovanni 20:31). Eppure, poiché non racconta di un incontro emotivo drammatico o uno specifico “momento di forte emozione”, alcuni le dicono che non è veramente convertita.

Una breve precisazione su elezione e predestinazione

Nelle discussioni sulla salvezza, la teologia si ingarbuglia spesso in interpretazioni complesse, soprattutto riguardo ai termini elezione e predestinazione. Questi termini, spesso considerati intercambiabili e legati alla salvezza, sono spesso fraintesi. Questo articolo si propone di fornire un chiarimento introduttivo su ciò che la Scrittura insegna realmente su questi concetti, confrontandoli con le comuni prospettive calviniste e arminiane.

La cronologia semplificata della redenzione

Per fondare la discussione, immaginate un semplice grafico che inizia con la Creazione e attraversa l’Antico Testamento, per poi arrivare alla venuta di Cristo, alla sua morte e resurrezione, seguita dalla Pentecoste, quando lo Spirito Santo fu donato in Atti 2. Da qualche parte dopo, un individuo riceve Cristo, il momento della salvezza personale come inteso nella maggior parte dei contesti evangelici.

Perché credere alla Bibbia?

Sono nato e cresciuto a Napoli, in un contesto moderatamente cattolico. Crescendo, ho sviluppato un profondo apprezzamento per la matematica e le scienze, che mi ha portato naturalmente a studiare informatica all’università. La mia formazione scientifica non è mai stata un ostacolo significativo alla fede; anzi, ricordo di essere stato fermamente convinto di vedere chiare prove di progettazione intenzionale nella creazione stessa.

Il mio cammino verso la fede ha preso una svolta decisiva durante gli anni trascorsi nel Regno Unito, dove alla fine ho maturato la mia fede in Cristo. Sebbene l’apologetica sia diventata centrale nella mia fede subito dopo la conversione, non è stata l’apologetica ad attrarmi inizialmente al cristianesimo. Piuttosto, la predicazione del Vangelo si è intersecata con una più ampia esplorazione storica che avevo intrapreso. Questo viaggio storico aveva smascherato numerose falsità sulla storia del mio paese d’origine e rivelato inquietanti modelli di spiritualità oscura alla base di molti degli episodi più bui dell’umanità. È stato in questo contesto che la chiarezza e la speranza del messaggio evangelico hanno avuto un profondo impatto.

Tuttavia, conciliare la ricerca intellettuale con la fede cristiana mi è sempre sembrato importante e plausibile. Se Dio ha davvero creato ogni cosa, era ragionevole aspettarsi che ragione e logica non solo avessero senso all’interno di una visione biblica del mondo, ma la illuminassero ulteriormente.

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