È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede

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La vostra fede non vi appartiene?

Alzi la mano chi ha già sentito un calvinista affermare che la nostra fede non ci appartiene. Io di certo sì. Fino alla nausea. La loro argomentazione è di solito questa: il calvinista (che di solito sostiene che la fede salvifica non è un’espressione genuina del peccatore che si rivolge al Salvatore per essere salvato in seguito alla predicazione del vangelo) ci dirà che se rimaniamo dell’idea che la nostra fede è effettivamente nostra, allora la fede diventa un’opera. E poiché la Bibbia insegna che si è salvati per grazia attraverso la fede, indipendentemente dalle opere, la visione non calvinista della fede salvifica è considerata impossibile, perché ciò contraddirebbe l’insegnamento della Bibbia riguardo al ruolo che le buone opere svolgono nella salvezza.

Agostino, iconografia classica resa realisticamente, con background di riferimenti manicheisti.

Ecco come Agostino ha confuso i protestanti sulla salvezza

Agostino lascia un’eredità mista, per usare un eufemismo.

Da un lato, è uno dei più grandi geni di tutti i tempi, al pari di Platone e Aristotele nella sua influenza sullo sviluppo della cultura, della teologia e della politica occidentale. Non si può comprendere la civiltà occidentale senza Agostino. Dai suoi scritti si può sempre trarre un insegnamento positivo.

D’altra parte, la gente ama odiarlo. Gli ortodossi orientali accusano Agostino degli errori di latino che alla fine portarono il vescovo di Roma allo scisma. E gli anti-calvinisti lo accusano degli errori del calvinismo.

Giusto o sbagliato che sia, Agostino è stato tanto influente. Si veda anche la sua influenza sulla “salvezza per signoria” (Lordship Salvation).

La vita eterna nei vangeli: il potere della fede in Gesù, Messia, Figlio di Dio

Il Vangelo di Giovanni spicca per il suo intento evangelistico, che lo si consideri o meno l’unico libro del Nuovo Testamento con tale finalità. Giovanni annuncia un messaggio che risuona profondo e limpido: la vita eterna offerta gratuitamente da Dio.

Il contenuto della fede salvifica è in Giovanni 20:31, dove la fede in Gesù come Messia (o Cristo) e figlio di Dio viene delineata come il sentiero unico verso la vita eterna.

Però, se ci spostiamo sulle tracce dei vangeli sinottici—Matteo, Marco e Luca—incontriamo obiettivi diversi. Ognuno di questi resoconti è stato redatto pensando a un uditorio specifico e mira a mettere in risalto particolari aspetti della vita, degli insegnamenti e delle opere di Gesù.

Questa varietà di scopi e destinatari pone una domanda cruciale: è possibile per un individuo, immergendosi nella lettura di uno dei vangeli sinottici, scoprire in esso il messaggio indispensabile per raggiungere la vita eterna, come potrebbe farlo nel vangelo di Giovanni?

A nostro avviso, la risposta è . Questo articolo mira a dimostrare come ognuno dei quattro vangeli, nonostante le loro specifiche finalità e uditori, sia intriso dell’essenziale affermazione di Gesù come Messia, Figlio di Dio—quel messaggio che se creduto garantisce la vita eterna.

Romani 10:9-10 – È giusto usarli per evangelizzare?

Citati in tanti volantini evangelisti o proclamati dal pulpito, questi versetti vengono spesso usati per indirizzare i non credenti verso il vangelo della vita eterna. Tuttavia, è davvero a questo che Paolo si riferisce qui?

Contesto

Il libro dei Romani fu scritto da Paolo alla chiesa di Roma, che molto probabilmente si formò attraverso la predicazione di Pietro, come leggiamo in Atti 2. Da quel passaggio leggiamo che molti Giudei di “ogni nazione che è sotto il cielo” (v. 5), anche da Roma (v. 10), erano a Gerusalemme per una festività giudaica. Probabilmente questi ebrei tornarono a Roma con il messaggio del vangelo e vi formarono una chiesa. Tuttavia, quella chiesa era molto probabilmente composta sia da ebrei che da gentili, dato che Paolo affronta, in questa lettera, questioni dottrinali per entrambe le audience.

Presumibilmente, il capitolo che stiamo analizzando fa parte di un problema molto specifico che questa chiesa sta vivendo, e Paolo affronta questo problema nei capitoli 9, 10 e 11: un conflitto tra ebrei e gentili, forse una qualche forma di antisemitismo (Ro 14-15). Tuttavia, sostiene Paolo, Dio è fedele e manterrà le Sue promesse (Ro 8:29) sia agli Ebrei, sia ai Gentili. Dio ha infatti eletto Israele (Ro 9), poi ha rigettato Israele a causa della sua incredulità (Ro 10), ma alla fine riceverà e accetterà nuovamente Israele (Ro 11).

Ora, il capitolo 10 inizia con Paolo che dichiara quanto sia grande il suo desiderio di vedere la nazione di Israele rivolgersi finalmente a Gesù come al loro tanto atteso Messia. Ma poi, sottolinea che hanno preferito la propria giustizia a quella di Dio (vv. 3-4). Per questo motivo, non sono in grado di “invocare il nome del Signore”, a causa della loro mancanza di fede (v. 10). Le conseguenze sono l’essere fuori dalla comunione e dalla protezione (v. 10) di Dio.

Gioele 2:32


Il versetto dal libro di Gioele che Paolo cita in Romani 10:13 è importante per la comprensione di Romani 10:9-10. “Invocare il nome del Signore” è qualcosa che i credenti in generale fanno, ma qui è specifico del tempo della Tribolazione (Gioele 2:31), quando Israele riconoscerà il Messia. Essi “invocheranno il suo nome” e saranno salvati, saranno riscattati e finalmente sarà dato loro il regno terreno promesso ai loro padri.

Conclusione

Tenendo conto del contesto di Gioele 2:32 e dello scopo generale del libro di Romani, non si può dire che i versetti analizzati siano soteriologici nel loro scopo. La salvezza di cui si parla nel versetto 9 fa parte di un discorso più ampio che Paolo stava cercando di fare per suscitare accettazione e compassione per la nazione di Israele, eletta irrevocabilmente da Dio (Ro 11:28), temporaneamente fuori dalla comunione (Ro 11 :15), ma che alla fine sarà ripristinata (Ro 11:26). Infine, la salvezza menzionata nei versetti 9 e 10 presuppone anche la salvezza soteriologica, come possiamo dedurre da Romani 10:14-15.

La certezza della salvezza negli scritti di Pietro, Giacomo e Paolo

Introduzione

La dottrina della certezza e sicurezza eterna è stata a lungo una pietra angolare della fede cristiana, offrendo conforto e incoraggiamento ai credenti mentre navigano nelle vicissitudini della vita. Radicata negli insegnamenti di Gesù e degli apostoli, questa dottrina delinea la natura immutabile delle promesse di Dio e la certezza della salvezza del credente in Cristo.

La certezza è il terreno su cui molte teologie si dividono e prendono posizione; Mi piace questa citazione di Ken Keathely: “Gli arminiani sanno di essere salvati ma hanno paura di non poterla mantenere, mentre i calvinisti sanno di non poter perdere la loro salvezza ma hanno paura di non averla”[i]. In tutto il Nuovo Testamento, tuttavia, la dottrina della certezza e della sicurezza eterna è accentuata come una verità inconfutabile, fondata sulla grazia di Dio, sull’opera sacrificale di Gesù Cristo e sulla potenza rigeneratrice dello Spirito Santo. Sottolineando l’origine soprannaturale della nuova nascita del credente, gli scritti apostolici fungono da fervido appello ai cristiani affinché riconoscano la loro incrollabile posizione davanti a Dio, liberi dal timore di perdere la loro salvezza.

Attributi degni di ricompensa

Onore all’umile

Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli”

(Matteo 5:3 – NR2006)

Devo confessare che quando mi sono offerta di scrivere su questo particolare attributo che troviamo nelle Beatitudini, non avevo idea di cosa significasse davvero essere “poveri in spirito”. Inizialmente, pensavo significasse “essere tristi” o magari “deboli”. Tuttavia, dopo un bel po’ di ricerca, ho trovato un articolo di Zane Hodges che mi ha aiutato a fare chiarezza. 

Quando credere non è abbastanza

L’unico libro della Bibbia che ha lo scopo preciso e dichiarato di predicare il messaggio della vita eterna è quello di Giovanni. Lui stesso ce lo dice: 

Or Gesù fece in presenza dei discepoli molti altri segni miracolosi, che non sono scritti in questo libro; ma questi sono stati scritti, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome.

Giovanni 20:30-31

Giovanni ribadisce ripetutamente l’unica condizione per ottenere la vita eterna: credere in Colui che Dio ha mandato (cfr. Gv 6:29). Difatti, il verbo greco pisteou (credere) appare nel Vangelo secondo Giovanni ben 98 volte, quasi un terzo di tutte le occorrenze bibliche.

Nella prima lettera di Giovanni il verbo compare altre 7 volte, e una volta appare anche il sostantivo, in uno dei versi più belli dell’epistola:

Poiché tutto quello che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.

1 Giovanni 5:4

L’enfasi sul fare

Le seguenti frasi, molte delle quali avrete sentito sicuramente, ci danno un esempio di come la chiesa odierna sia concentrata sul fare:

Avrete la vita eterna se…

  • …date la vostra vita a Cristo
  • …avete una relazione con Gesù
  • …(prendete la vostra croce e) seguite Gesù
  • …dedicate la vostra vita a Gesù
  • …fate una scelta per Gesù
  • …diventate discepoli di Gesù
  • …accettate Gesù
  • …ricevete Gesù nel vostro cuore
  • …siete stati investiti in potenza dallo Spirito Santo e parlate in lingue

Cosa hanno in comune?

  • Nessuna assomiglia al messaggio di Giovanni.
  • Nessuna parla di credere, ma di fare o sentire
  • Tutte sottintendono che credere non è sufficiente, implicando— intenzionalmente o meno—una salvezza per opere

Ad esempio, proprio qualche giorno fa ho sentito la frase: «non andrete in cielo seguendo la Legge, ma seguendo una persona: Gesù». Seppur pronunciata con la migliore delle intenzioni, l’enfasi di questa massima è ancora una volta sul fare e non sul credere.

Fede demonica e l’abuso di Giacomo 2:19

GraceNotes – no. 47 del Dr Charlie Bing

“Tu credi che c’è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano.”

Giacomo 2:19

Alcuni cristiani usano questo versetto per sostenere che la fede che salva deve essere provata dalle opere, altrimenti non è genuina. L’argomentazione è la seguente: “Una persona che dice di credere in Gesù Cristo come Salvatore, ma non fa opere buone non è realmente salva. È come i demoni che credono in Dio ma non sono salvi perché non si sono sottomessi a Dio o gli ha obbedito”. 

Si tratta di un uso improprio e incauto del versetto.

Se perseveriamo, regneremo con lui – 2 Timoteo 2:11-13

di Bob Wilkin

Responsabilità. Questo è un termine popolare oggi. È una parola d’ordine in molte chiese. Le persone devono rendere conto a qualcuno. Abbiamo tutti bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi e presti attenzione a ciò che stiamo facendo.

La responsabilità non è semplicemente orizzontale, da persona a persona. È anche verticale, da persona a Dio. Mentre la vita eterna è un dono assolutamente gratuito che viene ricevuto semplicemente dalla sola fede in Cristo, Dio ritiene ogni credente responsabile delle nostre parole, motivazioni e azioni. Seconda Timoteo 2:11-13 è un passaggio che sottolinea sia la gratuità della salvezza eterna che il costo delle ricompense eterne.

La vita eterna è assolutamente gratuita

Come i titoli dei giornali da quattro pollici che proclamavano la vittoria in Europa, i versetti 11 e 13 proclamano chiaramente e con forza la notizia di una grande vittoria. In virtù della loro unione con Cristo, ogni cristiano è sicuro per sempre. È un affare fatto che non può essere annullato, anche dalla mancanza di fede da parte del credente.

Una teologia del volto: appunti sul costo delle mascherine

di Joshua Farris

L’ho sentito dire più e più volte: “Indossare una mascherina è un piccolo sacrificio per amare il tuo prossimo”. Tutto questo sin da quando il CDC e, alcuni esperti, hanno deciso che era, in effetti, un modo efficace (per quanto piccolo) per proteggere le persone dal COVID-19.

Il mio obiettivo qui non è discutere la relativa efficacia delle mascherine o i pericoli posti dal virus. Piuttosto, voglio contestare l’idea che l’ampia adozione di mascherine comporta costi relativamente bassi. Quello che non dovremmo fare è comportarci come se fosse un “piccolo sacrificio”, o come se ci fosse costo minimo o nullo ad indossare mascherine per un lungo periodo di tempo. È semplicemente falso.

Romani 13

Romani 13:1-5 — obbedienza acritica alle autorità?

Molti sembrano pensare che Paolo, in Romani 13, insegni un’obbedienza acritica alle autorità; che, insomma, bisogna ubbidire ai governi quale che sia la natura delle scelte di questi ultimi.

Se andiamo un po’ più indietro nel tempo,​[1]​ scopriamo che, al contrario, l’apostolo Paolo veniva a volte quasi criticato per quel che sembrava essere un invito a obbedire alle autorità acriticamente; senza se e senza ma, insomma.

In un modo o nell’altro, è raro vedere una discussione di come questa obbedienza si traduca effettivamente nella pratica. In verità, l’esperienza stessa di Paolo ci fornisce non poche delucidazioni. Non è qui il caso di andare nel dettaglio riguardo i diritti di cui un cittadino romano godeva all’epoca dei fatti di Paolo. Per chi vuole approfondire, Boyd Reese fornisce una panoramica sufficiente.​​[1]​

Dono e ricompensa

Il dono e la ricompensa

Come capita molto spesso, è nell’ambiente casalingo che le conversazioni più interessanti e costruttive hanno luogo. Il Signore ha posto nella famiglia un esempio meraviglioso del Suo amore e del suo agire nei nostri confronti: molte volte noi agiamo con i nostri figli nello stesso modo in cui il Signore interagisce e cerca di comunicare con noi.

L’altro giorno, mentre stavamo parlando con i nostri bimbi del Natale che è alle porte, inevitabilmente viene fuori il conflitto tra i due personaggi preminenti del Natale: Babbo Natale e Gesù. Per alcuni il Natale consiste solo dell’uno, per altri solo dell’altro. E nello spiegare ai nostri figli qual è il vero senso del Natale e quale l’unico e indiscutibile protagonista, ci siamo soffermati a considerare la differenza che c’è tra dono e premio.

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