Il Venerdì Santo[1] è appena passato. È il giorno in cui si ricorda la croce di Gesù, la sua morte agonizzante sul legno. Per chi è familiare con il testo biblico, questo giorno non è affatto un giorno che coglie di sorpresa; non è inaspettato come si possa pensare e non è un qualcosa che avrebbe dovuto cogliere impreparati coloro che lo stavano vivendo più di duemila anni fa. Di certo questo giorno non era inaspettato per Gesù: Egli sapeva infatti più che bene, che quel giorno sarebbe arrivato; anzi, Gesù era venuto ed aveva vissuto proprio in vista di quel fatidico giorno. Avrebbe ricordato infatti più tardi a due suoi seguaci sulla via di Emmaus, che tutte queste cose dovevano accadere secondo le Scritture: “Non doveva il Cristo soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria?” disse loro Gesù, al vederli stupiti delle cose accadute quel Venerdì Santo. “E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano” continua il verso in Luca (24:25-26). 

Quali sono dunque queste “cose che lo riguardavano” che troviamo nelle Scritture a partire da Mosè fino a tutti i profeti? In questo studio, vogliamo soffermarci su una selezione di passaggi biblici che hanno preannunziato e poi descritto fin nei minimi dettagli tutto quello che Gesù, il Messia, avrebbe sofferto e perché. 

Partendo appunto da Mosè, come suggerisce Gesù, troviamo sin dalle primissime pagine della Genesi quello che in teologia viene chiamato proto-evangelo:

Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno.

Genesi 3:15

Parlando al serpente nel suo giusto giudizio, il Signore preannunciò che ci sarebbe stata una progenie di Eva che avrebbe schiacciato il capo del serpente, mentre esso avrebbe ferito il suo calcagno. Ecco preannunciato il Venerdì Santo, il giorno in cui le tenebre avrebbero trionfato, ma solo per un attimo: una ferita infatti è guaribile, provoca dolore per un tempo ma poi lenisce e passa. Le ferite del Messia furono tali da causargli la morte, ma solo per un tempo: sappiamo bene che la domenica mattina le sue ferite sarebbero guarite, sebbene i loro segni ancora visibili, sul corpo glorificato del Messia. Ma una ferita non è come schiacciare il capo di qualcuno: quest’ultimo gesto è molto più grave e definitivo del primo. Una ferita infatti è già il segno di una guarigione, ma da una testa schiacciata non ci si riprende: essa è segno di morte, e di morte definitiva. Questo, quindi, è il destino del serpente e del peccato introdotto nel mondo proprio a partire da quel tempo.

Facendo un salto temporale, arriviamo al secondo libro scritto da Mosè, l’Esodo. In esso sono le vicende del popolo d’Israele in Egitto e del racconto della sua liberazione dalla schiavitù del Faraone, per mano potente di Dio. Al capitolo 12 troviamo la descrizione dettagliata della prima Pasqua: ancora una volta vedremo come questa festività ebraica abbia a che fare col Venerdi Santo appena passato:

“[…] Ognuno prenda un agnello per famiglia, un agnello per casa; […] Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, dell’anno; […]poi si prenda del sangue d’agnello e lo si metta sui due stipiti e sull’architrave della porta delle case dove lo si mangerà. […] Quella notte io passerò per il paese d’Egitto, colpirò ogni primogenito nel paese d’Egitto, tanto degli uomini quanto degli animali, e farò giustizia di tutti gli dèi d’Egitto. Io sono il Signore.  Il sangue vi servirà di segno sulle case dove sarete; quand’io vedrò il sangue, passerò oltre, e non vi sarà piaga su di voi per distruggervi”

Esodo 12:3-13

Al vederselo venire incontro, Giovanni Battista avrebbe detto di Gesù: “Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (Gv 1:29). L’agnello di Dio infatti era quello che, a partire dall’esodo, gli ebrei avrebbero sacrificato ripetutamente ogni anno in segno di quel “sacrificio” che avrebbero compiuto sul Messia, quel fatidico Venerdi Santo: un sacrificio che, una volta per tutte, avrebbe tolto il peccato e protetto gli uomini di fede dal giudizio futuro che Dio applicherà sull’umanità. Ecco che il sangue di Cristo versato quel Venerdì Santo è segno di salvezza per tutti coloro che credono in Lui, come lo fu per Israele il sangue sacrificato che avrebbe fatto “passare oltre” la piaga che invece colpì l’Egitto.

Mentre i dettagli sul sacrificio di Cristo cominciano a fiorire sempre più nitidi nelle Scritture, facciamo un altro enorme salto temporale ed arriviamo all’epoca di Davide, il più amato Re d’Israele. Davide, infatti, nelle vesti di profeta, avrebbe descritto nel Salmo 22 in dettaglio l’agonia che avrebbe sofferto il nostro Messia mille anni dopo, proprio quel venerdì.

Salmo 22Adempimento
“Mio Dio, mio Dio perché mia hai abbandonato” v.1“E, verso l’ora nona, Gesú gridò a gran voce: «Elí, Elí, lamà sabactàni?» cioè: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Matteo 27:46
“Ma io sono un verme e non un uomo,l’infamia degli uomini e il disprezzato dal popolo” v.6“intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra e, inginocchiandosi davanti a lui, lo schernivano, dicendo: «Salve, re dei Giudei!»  E gli sputavano addosso, prendevano la canna e gli percotevano il capo.” Matt 27:29-30
“Chiunque mi vede si fa beffe di me;allunga il labbro, scuote il capo, dicendo:«Egli si affida al Signore; lo liberi dunque;lo salvi, poiché lo gradisce[c]!”v.7  “Ha salvato altri e non può salvare sé stesso! Se lui è il re d’Israele, scenda ora giú dalla croce, e noi crederemo in lui.  Si è confidato in Dio: lo liberi ora, se lo gradisce,[a] poiché ha detto: “Sono Figlio di Dio”” Matt 27:42-43
“Io sono come acqua che si sparge[d]e tutte le mie ossa sono slogate;il mio cuore è come la cera,si scioglie in mezzo alle mie viscere.Il mio vigore s’inaridisce come terra cottae la lingua mi si attacca al palato”vv14-15 Dopo questo, Gesú, sapendo che ogni cosa era già compiuta, affinché si adempisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Giov.19:28
“m’hanno forato le mani e i piedi.”
v.16
“E, dopo averlo schernito, lo spogliarono del manto e lo rivestirono dei suoi abiti; poi lo condussero via per crocifiggerlo.” Matt 27:31
Essi mi guardano e mi osservano: spartiscono fra loro le mie vesti e tirano a sorte la mia tunica[e]. vv.17-18 “Poi, dopo averlo crocifisso, spartirono i suoi vestiti, tirando a sorte;e, postisi a sedere, gli facevano la guardia.”
Matt 27:35-36

Il parallelo è alquanto impressionante. L’esattezza della descrizione di quello che sarebbe accaduto al Messia il giorno della sua morte sulla croce, di quello che avrebbe non solo vissuto ma anche sentito emotivamente è davvero toccante. Il metodo, inoltre, della morte sulla croce comportava anche tutta una serie di sofferenze fisiche che vediamo ben descritte da Davide, come la questione delle ossa dislocate (causate dal peso corporeo che grava esclusivamente sulle mani e i piedi perforati) e la conseguente difficoltà respiratoria che avrebbe causato estrema debolezza e sete. Proprio come le Scritture avevano preannunciato, il Messia passò attraverso tutto questo per amore del mondo.

In ultimo, arriviamo al tempo di Isaia, il profeta. Anche lui descrive il Venerdì Santo del Messia? Certo! E palesa con ancor più chiarezza le motivazioni per cui questo giorno è stato assolutamente necessario per la salvezza dell’umanità.

Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il Signore ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l’agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca. Dopo l’arresto e la condanna fu tolto di mezzo; e tra quelli della sua generazione chi rifletté che egli era strappato dalla terra dei viventi e colpito a causa dei peccati del mio popolo? Gli avevano assegnato la sepoltura fra gli empi, ma nella sua morte egli è stato con il ricco, perché non aveva commesso violenze né c’era stato inganno nella sua bocca. Ma il Signore ha voluto stroncarlo con i patimenti. Dopo aver dato la sua vita in sacrificio per il peccato, egli vedrà una discendenza, prolungherà i suoi giorni, e l’opera del Signoreprospererà nelle sue mani.  Dopo il tormento dell’anima sua vedrà la luce[f] e sarà soddisfatto; per la sua conoscenza, il mio servo, il giusto, renderà giusti i molti, si caricherà egli stesso delle loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, egli dividerà il bottino con i molti, perché ha dato se stesso alla morte ed è stato contato fra i malfattori; perché egli ha portato i peccati di molti e ha interceduto per i colpevoli.

Isaia 53:5-12

Vale la pena riportare tutto il capitolo. Il capitolo 53 del libro di Isaia è stato scritto circa 700 anni prima della venuta di Cristo sulla terra. Eppure, le sue parole riecheggiano ancora oggi e rappresentano per molti, soprattutto per Israele, quel punto di svolta per la scoperta del Messia nella persona di Gesù. 

Trafitto per i nostri peccati, contato tra i malfattori, come un agnello che si avvia al mattatoio, con umiltà e in silenzio ha subito e si è dato, portando su di sé ogni nostra bruttezza, ogni nostra bassezza. Ma vedete, quel venerdì non è solo un giorno di trionfo per l’oscurità, tutt’altro! Esso è l’inizio di un altro giorno, la domenica, dove l’anima del Messia, dopo il tormento, avrebbe visto la luce! Dove l’opera del Signore sarebbe prosperata a beneficio di ognuno di noi e del Messia stesso! Egli, infatti, avrebbe poi ricevuto in premio moltitudini di genti, di ogni nazione e lingua, un popolo che non era ancora nato ma che presto lo sarebbe stato e sarebbe stato suo e suo soltanto, la Chiesa! Noi, che siamo stati da lui riscattati a caro prezzo, e che totalmente immeritevoli avremmo solo beneficiato del suo sacrificio, saremmo poi diventati per Lui fonte di gioia, saremmo stati come un premio per Lui, la sua sposa amata e resa perfetta!

Ecco quindi che, dopotutto, questo venerdi santo, sebbene oscuro è anche “buono” come direbbero gli inglesi perché preannunzio del giorno di luce del Signore che non è tardato a venire tre giorni dopo e che ancora verrà perché la sua giustizia risplenda e la sua rettitudine scorra come fiume senza fine e la conoscenza del Signore Eterno riempia tutta la terra, come le acque ricoprono il fondo del mare (Isaia 11:9). Sia benedetto il Signore!

Buona Pasqua a tutti!


[1] Siamo consapevoli del dibattito sul giorno della settimana per la crocifissione di Cristo, ma usiamo il giorno del venerdì per convenienza e convenzione, essendo popolare.