Alzi la mano chi ha già sentito un calvinista affermare che la nostra fede non ci appartiene. Io di certo sì. Fino alla nausea. La loro argomentazione è di solito questa: il calvinista (che di solito sostiene che la fede salvifica non è un’espressione genuina del peccatore che si rivolge al Salvatore per essere salvato in seguito alla predicazione del vangelo) ci dirà che se rimaniamo dell’idea che la nostra fede è effettivamente nostra, allora la fede diventa un’opera. E poiché la Bibbia insegna che si è salvati per grazia attraverso la fede, indipendentemente dalle opere, la visione non calvinista della fede salvifica è considerata impossibile, perché ciò contraddirebbe l’insegnamento della Bibbia riguardo al ruolo che le buone opere svolgono nella salvezza.

Fallacia di categoria

Come spesso accade, il calvinista utilizza definizioni su misura di una data parola per accomodare i propri presupposti. In questo caso la parola è “opera”, ed espressioni derivate, come “buone opere”, ecc.

Nell’introduzione ho volutamente affermato: “…la Bibbia insegna che si viene salvati mediante la fede indipendentemente dalle opere…”. E ho omesso un qualificatore importante che, invece, usa l’apostolo Paolo: “opere della legge“.

poiché riteniamo che l’uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge.

Romani 3:28

Paolo contrasta chiaramente fede con le opere della legge, rendendo così impossibile a chiunque affermare che la fede possa mai essere un’opera meritoria che vada a scardinare la dottrina della salvezza per sola grazia. Molte sono le “opere” che si può far rientrare nella categoria delle “opere della legge”, ma certamente non la fede.

Pertanto, anche se qualcuno volesse affermare che la fede è un’opera, questa rientrerebbe comunque in una categoria diversa rispetto a quella delle opere della legge.

Mi pare di sentire già alcuni di voi dire: “andiamo, ma è impossibile ridefinire la fede come opera, quale che sia il significato che vogliamo dare alla parola opera!”. Vi capisco benissimo. Però aspettate un attimo, perché…

Qualcuno ha davvero chiamato “opera” la fede

E questo qualcuno non era un chicchessia. Era Gesù, in prima persona. 

Essi dunque gli dissero: «Che dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?» Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». (Giovanni 6:28–29)

Lasciatemi subito anticipare un’obiezione: no, “l’opera di Dio” non significa che è Dio a compierla. Ciò è reso chiaro già dal versetto precedente e anche dal fatto che Gesù dice a queste persone che l’opera di Dio è qualcosa che sono loro a dover compiere.

Quindi, se vogliamo, la fede è un’opera. Semplicemente non è un’opera della legge. Ovvero, in senso più ampio, non è un’opera meritoria. Ma l’unica opera (ad avviso del sottoscritto, “passiva”, ma questo è un discorso per un’altra volta) che, senza alcun merito in sé stessa, dà accesso alla grazia, quindi alla vita eterna. Del resto «è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede».

La fede non è vostra?

I calvinisti di solito insistono sul fatto che «la fede salvifica non è nostra, ma è un dono di Dio». 

Efesini 2:8

Principalmente, tendono a usare il seguente versetto per sostenere la loro posizione:

Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi: è il dono di Dio.

Efesini 2:8

Questo versetto, sostiene il calvinista, insegna che la fede è un dono di Dio. Tutto ruota intorno al fatto che il pronome “ciò” normalmente si riferirebbe al sostantivo precedente più vicino. Sebbene la regola sia generalmente vera, dobbiamo ricordare che: a) non stiamo leggendo il passaggio nella lingua originale in cui è stato scritto; b) in italiano, ciò è ambiguo in genere, in quanto può essere usato per riferirsi a sostantivi di qualsiasi genere; c) in inglese (perché è in inglese cha la maggior parte delle argomentazioni calviniste odierne viene elaborata) la parola “this” (ciò) è esplicitamente neutra, ma purtroppo lo è anche “faith” (fede), il che rende le cose veramente confuse. 

Per capire dove voglio arrivare, nell’originale, la parola che in questo brano traduciamo “fede” è invece femminile (così come in italiano). In greco, i pronomi devono essere dello stesso genere del sostantivo a cui si riferiscono. Tuttavia, la parola tradotta con l’ambiguo “ciò” è esplicitamente neutra nel testo originale. Che cosa significa? È semplice: il “ciò” greco non si riferisce alla “fede”. La parola “ciò”, invece, si riferisce chiaramente all’intera frase precedente; quindi, il dono di Dio non è la fede, ma la vita eterna (per grazia mediante la fede).

Se ci aiutiamo con altre traduzioni (tra quelle che riesco a leggere) ho scoperto che lo spagnolo rende l’originale greco molto più chiaramente:

Porque por gracia ustedes han sido salvados mediante la fe. Esto no procede de ustedes, sino que es el regalo de Dios

Efesios 2:8 NVI

Simile al greco e all’italiano, “la fe” (la fede) è femminile, mentre esto è esplicitamente neutro (come in greco, e al contrario dell’ambiguo “ciò” italiano), quindi non condividono lo stesso genere grammaticale. In altre parole, se “esto” si riferisse a “la fe”, i traduttori avrebbero usato “esta” (la versione femminile di “esto”).

Giovanni 6:44a

Un altro passaggio che i calvinisti usano per insegnare che la fede non è propria del credente è, ad esempio, Giovanni 6:44a:

Nessuno può venire a me se il Padre che mi ha mandato non lo attira;

Il calvinista afferma che senza l’opera di “attrazione” da parte di Dio Padre nessuno sarebbe in grado credere. Gli Arminiani cercano di rispondere con Giovanni 12:32, creando più problemi di quanti ne risolvano: (1) è Gesù che fa il disegno; (2) porterebbe all’universalismo. In realtà, il motivo dell’incredulità è spiegato in Giovanni 5:46-47, dove Gesù cita Isaia 54:13 (v45): coloro che non si fossero induriti avrebbero ascoltato e imparato da Dio. Il Padre sta essenzialmente consegnando i credenti esistenti al Figlio (Gv 5:37).

Inoltre, Gesù ci dice chiaramente come i credenti arrivano alla fede:

Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola

Giovanni 17:20

Gesù insegna chiaramente che le persone crederanno attraverso la parola dei suoi discepoli (i “questi” del versetto sopra). Tale parola è chiaramente il vangelo. Ciò si allinea perfettamente con ciò che dice Paolo in Romani 10:17 e ciò che dice Pietro in 1 Pietro 1:23.

Conclusione

Allora la fede è un’opera? Non come la intenderebbero i calvinisti. Si può chiamare la fede un’“opera”, se proprio lo si vuole, dal momento che Gesù stesso lo ha fatto, ed essere comunque tranquilli che non si tratti di un’opera meritoria. Per due ragioni: a) è evidente; b) Paolo contrappone la fede alle opere meritorie della legge in Romani 3:28. 

Il cristiano ha la via eterna per grazia mediante la fede; la stessa fede che Dio ci chiama ad avere (Gv 6:29) con il suo appello attraverso la Chiesa e attraverso il vangelo (2 Corinzi 5:20).

Post Scriptum

Ho sempre pensato che in realtà il significato di Efesini 2:8-9 fosse abbastanza ovvio, e che fossero stati i calvinisti a confondere—come al solito 😅—mezzo mondo. Be’, ora vi do anche l’interpretazione istintiva di DALL-E quando gli ho chiesto di generare un’immagine che andasse bene per questo articolo. Prima di generare l’immagine mi ha dato la sua interpretazione del verso:

Efesini 2:8-9 sottolinea la grazia di Dio nel processo di salvezza, evidenziando che si tratta di un dono di Dio e non di un risultato delle opere umane.

Come vedete, una lettura naturale del passaggio è abbastanza ovvia anche per un LLM: è la salvezza a essere il dono, non la fede.