La posizione post-tribolazionista colloca il rapimento della Chiesa di Cristo alla fine del periodo della Grande Tribolazione, in coincidenza con il secondo Avvento del Signore (Ap 19). In linea generale, questa posizione rigetta la dottrina dell’imminenza e ritiene che la Chiesa debba passare attraverso la Grande Tribolazione per attendere il ritorno di Cristo, il quale discenderà sulle nuvole, chiamerà a sé la Chiesa (rapimento) per poi ridiscendere con lei sulla Terra e manifestarsi al mondo nel Suo ritorno.

Ora, questa descrizione è abbastanza generale e ottimistica, questo perché in realtà c’è una varietà di posizioni all’interno dell’ambito post-tribolazionista. Alcune di queste varianti sono contrastanti fra loro o sono state adattate nel tempo in risposta a problematiche scritturali neglette—come vedremo—dalla Chiesa primitiva. In questo studio cercheremo di guardare a quelle più importanti, prima di analizzare la validità del post-tribolazionismo alla luce delle Scritture.

Una breve storia

Il post-tribolazionismo è considerato la posizione storica della chiesa: la Chiesa primitiva (primi due secoli) credeva nel ritorno imminente di Cristo ed era premillennialista, insegnava cioè che dopo il secondo ritorno di Cristo seguisse un regno terreno di mille anni. Questa posizione fu presto messa in discussione dalla nascita della Scuola Alessandrina di Teologia, con a capo Clemente Alessandrino e successivamente Origene. Nel tentativo di armonizzare la teologia sistematica con la filosofia platonica, fu promossa una lettura non letterale delle Scritture. Sebbene la Chiesa dell’epoca avesse rigettato una tale dottrina come eretica, non poté fare a meno di esserne influenzata, almeno in parte, da alcuni suoi insegnamenti, in particolare quelli che riguardano il metodo interpretativo, che distrusse il premillenialismo storico della Chiesa.

Così tra il quarto e quinto secolo, con Agostino si stabilì una sorta di separazione, che già aveva preso piede, tra l’escatologia e le altre aree della teologia sistematica, e nel fare questo Agostino separò i metodi interpretativi delle Scritture, leggendo in chiave letterale storica e grammaticale i passaggi non escatologici e in chiave allegorica quei passaggi che riguardano la fine dei tempi. Si può dire quindi che già a partire dal terzo secolo, l’amillennialismo prese forza e man mano fu stabilito come posizione dominante e fu adottato ufficialmente dalla chiesa cattolica romana.

Con l’arrivo della Riforma, la chiesa protestante rivolse lo sguardo ad Agostino e sebbene abbia avuto il merito di aver “ripulito” dottrinalmente la Chiesa, ebbe poco interesse (o alcuno) di risolvere il problema dell’interpretazione delle scritture escatologiche. Fu solo sotto la spinta dei premillennialisti che venne promossa un’interpretazione letterale coerente, che si applicasse anche alle profezie, e con questo altri aspetti importanti vennero messi in discussione (come il programma profetico per Israele e la dottrina del Rapimento) e cominciarono a circolare idee su come questi potessero essere armonizzati con la dottrina che vuole il Ritorno di Cristo per stabilire un regno terreno.​[8]​

Il posttribolazionismo classico

Il maggiore esponente del post-tribolazionismo classico moderno è J. Barton Payne. Il suo punto di vista può essere riassunto nei seguenti punti:

  • Imminenza del secondo avvento di Cristo
  • L’avvento avverrà dopo la tribolazione
  • Gli eventi precedenti l’avvento di Cristo sono interpretati in maniera allegorica
  • Il mille anni di regno dopo la venuta di Cristo vengono presi letteralmente

Payne spiega che l’imminenza è la caratteristica secondo la quale sia il rapimento della Chiesa che la seconda venuta di Cristo possono occorrere in ogni momento.​[6]​  Egli afferma che i padri della chiesa prima di Nicene concordassero tutti con questo concetto, che il ritorno di Cristo cioè fosse da aspettarsi ad ogni istante e che fosse post tribolazione. L’autore menziona la prima lettera di Clemente, l’epistola di Barnaba, l’epistola di Ignazio agli Efesini e una a Policarpo a difesa della sua conclusione riguardo l’imminenza del ritorno di Cristo secondo i padri della chiesa. Ciò che maggiormente ha contribuito alla formazione della dottrina dell’imminenza fu la convinzione che avevano i padri della chiesa di essere già nella Grande Tribolazione: l’intensa persecuzione che la Chiesa stava affrontando in quell’epoca aveva dato loro la percezione di vivere già il periodo che Cristo stesso chiama “grande tribolazione” (Mt 24:21). Per loro era quindi naturale aspettarsi un ritorno imminente di Cristo.

Il limite maggiore del post-tribolazionismo classico è l’interpretazione non letterale degli eventi che, secondo la Bibbia, devono accadere prima della Venuta di Cristo, eventi ben specifici che non lasciano posto ad attribuzioni sommarie. Tra questi è l’avvento dell’Anticristo e la dissacrazione del Tempio di Gerusalemme. Per quanto si voglia argomentare che tali profezie non debbano essere prese letteralmente, oppure che abbiano già avuto compimento storico,​[1]​​*​ non appare logico né obiettivo, allegorizzare una parte di Apocalisse (capitoli 1-19) e prendere letteralmente l’altra (capitoli 20-22). Forse questo è il vero limite di questa posizione: il volersi ancorare all’idea di un millennio letterario, sulla base della posizione storica della chiesa primitiva, per poi innescare un dualismo arbitrario di interpretazione letterale/non-letterale dei restanti passaggi escatologici. I padri della Chiesa primitiva erano chiaramente in errore circa il fatto di essere già nella Grande Tribolazione, ed è sulla base di questa percezione che aspettavano l’imminente ritorno di Cristo e lo stabilimento del regno millenario subito dopo. Ma ad oggi è chiaro che non fosse così e che la Grande Tribolazione sia un evento specifico e biblicamente ben definito, non ancora accaduto.

Per queste profonde contraddizioni, la maggior parte dei post-tribolazionisti oggi ha abbandonato la visione classica.​[9]​

Il posttribolazionismo semi-classico

Analizzando bene i fatti, questa posizione che viene detta semi-classica, ha dei punti di vista ben diversi dalla posizione storica che abbiamo analizzato prima:

  • Non aderisce alla dottrina dell’imminenza: oggi infatti i sostenitori del post-tribolazionismo sono più cauti nel definire i tempi del secondo avvento di Cristo, e non ritengono ci sia una vera e propria imminenza per il Suo ritorno. Nell’argomentare a favore di questo, puntano agli eventi prima del suo ritorno così come descritti in Matteo 24.
  • Non sono concordi per quanto riguarda i tempi di durata, l’estensione e la natura della Grande Tribolazione: questo rappresenta un grande motivo di divisione all’interno del movimento post-tribolazionista. Alcuni sostengono che la Grande Tribolazione abbracci tutto il periodo della Chiesa, dal suo vero inizio al momento del ritorno di Cristo; altri pensano che la Chiesa sia già nella tribolazione ma che la Grande Tribolazione, intesa come fase culminante dell’attuale, sia futura; altri ancora collocano la Grande Tribolazione completamente nel futuro.​[10]​

Al di là delle differenze tra l’approccio classico e questo semi-classico, ci sono ancora delle problematiche aperte in cerca di soluzione, come quella di quale approccio avere davanti alle Scritture, se letterale o meno; quale ruolo hanno le profezie e se davvero ci sarà un futuro regno terreno di mille anni, oppure no. Temi, questi, che ancora creano divisioni e ramificazioni della stessa dottrina.

Il post-tribolazionismo futuristico

Con l’avanzare del premillennialismo nei secoli XIX e XX, emerse una nuova posizione post-tribolazionista definita oggi futuristica, poiché ritiene che gli eventi di Apocalisse siano ancora da realizzarsi, ovvero siano futuri.

In generale questa linea di pensiero, il cui maggior esponente è George E. Ladd, si distacca in maniera quasi radicale dalle posizioni storiche (classiche) o semi-storiche (semi-classiche): ritorna infatti a rivalutare il premillennialismo,​[5]​​†​ abbandonando così l’amillennialismo agostiniano e dei riformatori; ritiene letterale un periodo di 7 anni che culmina nella Grande Tribolazione, atto ad adempiere le profezie del vecchio e del nuovo testamento riguardo la fine dei tempi; valuta le profezie come letterali; attua una separazione tra Israele e la Chiesa (sebbene confessi la dualità delle promesse del vecchio testamento, da intendersi cioè per entrambi). In cosa dunque può definirsi post-tribolazionista? Concorda nel collocare il rapimento alla fine della Tribolazione in coincidenza con l’Avvento di Cristo e rigetta il dispensazionalismo, che secondo Ladd procede naturalmente da chiunque aderisca al rapimento pre-tribolazione. In particolare Ladd, nel suo The Blessed Hope, dibatte molto la dottrina pre-tribolazionista appellandosi, come fanno gli altri post-tribolazionisti, alla sua presunta nascita recente rispetto alla storica e “tradizionale” posizione post-tribolazionista.

Post-tribolazionismo dispensazionalista

È l’ultima frangia del movimento post-tribolazione, il cui maggior esponente è Robert H. Gundry.  Prima di Gundry, era comune pensare che il dispensazionalismo fosse prerogativa del pensiero pre-tribolazionista, ma questo noto studioso, nel secondo capitolo del suo lavoro The Church and The Tribulation​[4]​ ambisce a smontare tutte le comuni presupposizioni al problema del dispensazionalismo teologico come base del pensiero pre-tribolazionista: Gundry qui getta le basi per giustificare il proprio approccio al post-tribolazionismo da un punto di vista, appunto, dispensazionalista. Nel tentativo però di mantenere il suo post-tribolazionismo, Gundry deve rinunciare a quella rottura netta, che il dispensazionalismo classico richiede, tra l’epoca della Chiesa e il periodo di mezzo tra la Chiesa e il secondo ritorno di Cristo.​[11]​ Un compromesso indispensabile, che mette in evidenza una serie di problemi nel quale l’autore incorre per difendere la sua idea di armonizzare le due posizioni. Non andremo oltre nell’analisi del libro per non rischiare di uscire fuori tema; basti sapere che alcune delle sue tesi troveranno opposizione nel paragrafo che segue, dove analizzeremo i problemi del movimento post-tribolazionista.

Limiti e problemi del post-tribolazionismo

1. Argomentazione storica

La maggior parte dei post-tribolazionisti si appella al fatto che questa posizione era quella portata avanti dalla Chiesa primitiva, al contrario della posizione pre-tribolazionista, che secondo loro è emersa per la prima volta solo nel tardo ‘800, con gli scritti di Darby. Appellarsi alla tradizione storica per affermare la validità del post-tribolazionismo fa un po’ acqua da tutte le parti: innanzitutto l’appello alla tradizione costituisce una fallacia logica, ma poi c’è da considerare che tutto sommato nemmeno il post-tribolazionsmo moderno, quello di Ladd o Gundry, ha nulla a che fare con quello classico dei primi padri della chiesa. In un certo senso possiamo dire che il loro post-tribolazionismo è ancora più recente del pre-tribolazionismo e ha subito nel tempo un grande adattamento dovuto all’influenza dottrinale dei moderni premillennialisti.

Inoltre va considerato che il post-tribolazionismo dei primi padri della chiesa, essendo fondato sull’erronea percezione di vivere già la Grande Tribolazione, ha in qualche modo inibito lo studio profondo dell’escatologia e di certo non ha invogliato alcun’altra interpretazione. I primi padri della chiesa erano impegnati ad affrontare sfide importanti, tanto che lo studio teologico e la canonizzazione di importanti dottrine che oggi sono fondamento della Teologia cristiana sono stati sviluppati nell’arco di diversi secoli. Di certo i primi padri della chiesa non hanno lasciato molti dettagli sul perché erano post-tribolazionisti/pre-millennialisti. Con l’avvento dell’amillennialismo, diffuso poi in maniera sostanziale da Agostino, e l’allegorizzazione di una parte delle Scritture, la strada per la formulazione sistematica e diffusa di una dottrina come il pre-tribolazionismo (che si fonda sullo stesso premillenialismo rigettato da Agostino) è stata del tutto sbarrata; considerate inoltre che la diversificazione teologica non era certo incoraggiata ai tempi di Agostino.

Con i Riformatori, sebbene l’amillennialismo agostiniano sia stato mantenuto, la loro insistenza sull’autorità delle Scritture ha aperto un varco per la rinascita del premillennialismo nella chiesa, e con esso di conseguenza, la possibilità di sistematizzare il pre-tribolazionismo. Questa ricostruzione storica ha senso e può spiegare come le presupposizioni che permeavano il pensiero teologico prima del XVIII secolo abbiano fornito scarsa possibilità di formulare accuratamente la posizione pre-tribolazionista.​[3,13]​

2. Argomentazione ex silentio

Alcuni famosi post-tribolazionisti, come Gundry, riguardo al rapimento pretribolazione, usano un’argomentazione detta “dal silenzio”: nel libro dell’Apocalisse non c’è menzione del rapimento prima dei passaggi che portano alla Tribolazione. Tale ragionamento è presto confutato: neanche riguardo al rapimento post-tribolazione abbiamo alcun accenno nei capitoli dell’Apocalisse che presentano il secondo avvento di Cristo. Questo tipo di argomentazione ex silentio è semplicemente fallace.

3. Il discorso dell’Oliveto

Molti studiosi trovano in Matteo 24-25 sostegno per le loro teorie post-tribolazioniste. Non riconoscono in questo passaggio le parole chiavi che ci fanno comprendere come questi avvertimenti riguardino non la chiesa, bensì i giudei: perché altrimenti il Signore citerebbe il tempio (24:15), la Giudea (24:16) oppure il Sabato (24:20)? La Chiesa non adora in un tempio specifico, noi siamo il tempio di Dio in senso spirituale, ma i Giudei adoreranno in un tempio materiale; la Chiesa di Cristo non si concentra in Giudea, che è in Israele, ma è sparsa tra le nazioni, al contrario Israele si trova in Israele; la Chiesa di Cristo non osserva il Sabato, Israele invece lo osserva. Chiaramente Cristo sta dando informazioni a giudei, circa eventi che riguardano gli ebrei.

Un altro problema, per tutti quelli che si appellano a questi versi, è il giudizio delle nazioni (Mt 25:31-32) che avviene subito dopo il ritorno del Signore Gesù: se la Chiesa è separata dalla terra in quell’istante, automaticamente con questo atto si separano i giusti dagli ingiusti, e viene a mancare il bisogno di un’ulteriore separazione tra capre e pecore, poiché ciò avviene automaticamente col rapimento. Eppure, con questo discorso, il Signore implica che ci siano dei “giusti” (pecore) ancora sulla terra al suo ritorno e i quali necessitano di essere separati dagli ingiusti (capre). Chi sarebbero allora queste pecore, se la Chiesa è stata già rapita e messa da parte?

4. Chi sono i 144.000?

Un problema simile al precedente è costituito dai famosi 144.000, giudicati degni di servire l’Agnello (Ap.7). Essi, secondo le tesi post-tribolazioniste, coesisterebbero sulla Terra in tribolazione, eppure non farebbero parte della Chiesa. Chi sono allora? E come mai, essendo credenti, non fanno parte della chiesa?

5. Il Rapimento e il Secondo Avvento sono lo stesso evento

A causa di una terminologia simile che viene considerata tecnica (rivelazione, apparizione, venuta), molti post-tribolazionisti presumono che il rapimento e il ritorno di Cristo siano lo stesso evento; il problema qui è che non c’è alcun fondamento biblico che veda in queste parole dei termini tecnici e non semplicemente parole da applicare al contesto in cui esse vengono usate. Ciò ha tutta l’apparenza di un voler trovare ragioni per giustificare le proprie presupposizioni.

Il loro ragionamento arriva inoltre a dichiarare che, siccome non è specificato nelle Scritture più di un ritorno (un ritorno a mezz’aria per rapire la chiesa e un ritorno fisico sulla terra) allora l’evento deve essere unico. Ci opponiamo a questa visione, appellandoci all’esempio delle Scritture: nel Vecchio Testamento la venuta del Messia in alcuni passaggi sembra essere un unico evento e non due. Prendiamo ad esempio Isaia 61:1-2, dove la prima venuta di Cristo e la seconda sono entrambe presentate come un unico evento, indistinguibili: difficilmente si poteva intuire solo dalla Scrittura che il Signore sarebbe venuto una prima volta, per morire per i peccati del mondo, e poi una seconda volta, per portare a termine il suo giudizio e stabilire il Suo regno.​[7]​​‡​ Ma la storia ci ha svelato che il piano di Dio era diviso in due tempi diversi. Da notare che il Signore Gesù, quando si trova nella sinagoga di Capernaum, ferma la lettura proprio sulla prima parte del suo ministero, tagliando fuori la seconda parte, quella relativa cioè al giorno del giudizio. 

6. La “prima “resurrezione”

Alcuni post-tribolazionisti chiamano l’attenzione sulla frase “prima resurrezione” nel verso di  Apocalisse 20:4-6, affermando che la resurrezione del rapimento pretribolazione, avvenendo prima di Apocalisse 20, non possa essere la “prima” e quindi costituisca un problema per i pretribolazionisti. In realtà questo costituirebbe un problema anche per i post-tribolazionisti, poiché questa “prima resurrezione” avviene comunque dopo la venuta di Cristo sulla Terra (e quindi, secondo la loro teoria, a rapimento già avvenuto).

Il punto qui è stabilire se “prima” in questo caso rappresenti un primato storico oppure no: siccome sappiamo che Cristo è stato resuscitato per primo, e in seguito alla sua morte un altro gruppo di santi fu visto vivo per le strade di Gerusalemme (Matteo 27:51-53), non crediamo che “prima resurrezione” si riferisca a un primato storico. Siamo, invece, persuasi si tratti della “prima fase” di una resurrezione specifica, quella cioè che anticipa la resurrezione del giudizio del Grande Trono Bianco.

7. Lo scopo del Rapimento

Un problema chiave che attanaglia i fautori del post-tribolazionismo sta nell’individuare le ragioni per cui il Signore debba rapire la Chiesa, dopo averla “testata” attraverso la tribolazione, solo per incontrarla nell’aria e poi farla immediatamente ridiscendere sulla Terra con Lui. Non vi è alcun esempio o evento simile che abbia precedenza nelle Scritture da cui purtroppo si possa trarre una soluzione a questo dilemma.

8. Questione di terminologia

C’è un dibattito serrato sulla terminologia usata in Apocalisse 3:10, che molti pretribolazionisti amano citare per dare forza alle proprie teorie. Ti preserverò dall’ora che sta per venire oppure attraverso l’ora che sta per venire?​[12]​ Il dibattito è sulla parola ἐκ che potrebbe significare dal di fuori di una situazione oppure dal mezzo della situazione. In altre parole, il Signore sta dicendo alla chiesa di Filadelfia che le sarà risparmiata la Tribolazione, poiché Egli la rimuoverà prima che avvenga? oppure che Egli la proteggerà mentre essa si trova nel mezzo della Tribolazione?​§​ Al di là del complicato dibattito, che fondamentalmente sta nello stabilire se ἐκ sia una parola tecnica o meno, è interessante considerare che la promessa del Signore di conservare (cioè proteggere) la Chiesa attraverso la Tribolazione sarebbe chiaramente non mantenuta, poiché l’Apocalisse di Giovanni riporta una strage di santi non indifferente durante quel periodo. In che senso, quindi, la preserverebbe? Dio non fa promesse che non mantiene.

9. Israele o la Chiesa?

Uno dei limiti maggiori del post-tribolazionismo, soprattutto classico e semiclassico, è il non saper riconoscere nelle Scritture il ruolo distintivo di Israele e della Chiesa. Mentre per il filone futurista e dispensazionalista si è cercato, seppur con qualche limite, di far fronte alla pressante realtà delle Scritture, di adattare una separazione tra i due popoli, alcuni continuano a sostenere l’idea che la Chiesa abbia sostituito Israele, persino in ambito escatologico. La cecità di queste presupposizioni è l’elemento forse più debilitante, che stravolge l’autorevole chiarezza delle Scritture e rende disorientante qualsiasi dottrina che vuole ad ogni costo avvicinarsi allo studio teologico con tali premesse.

10. Il Test dei Tessalonicesi

E per ultimo, ritorniamo al passaggio in 2 Tessalonicesi 2:1-3, che ci è servito come metro per misurare la validità di alcune delle posizioni precedenti. Qual è la falsa notizia che ha raggelato l’animo dei Tessalonicesi tanto da scrivere a Paolo per dei chiarimenti? Se Paolo avesse insegnato un rapimento post-tribolazionista, avrebbe avuto senso il timore dei Tessalonicesi? La notizia ricevuta dai Tessalonicesi dichiarava che il giorno del Signore fosse già arrivato, il che implica (secondo la visione post-tribolazionista) che la Seconda Venuta e di conseguenza il Rapimento fossero già avvenuti. Questo ovviamente suscita alcuni problemi, perché i Tessalonicesi avrebbero subito scartato una notizia del genere sulla base di semplici osservazioni:​[2]​

  1. È arrivato il giorno del Signore, ma Cristo non è tornato! (Mt 24:26-30);
  2. Il rapimento non è avvenuto affatto, oppure loro erano stati lasciati li;
  3. La settantesima settimana di Daniele non ha avuto tempo di manifestarsi;
  4. Il tempio non è stato dissacrato;
  5. Si sono persi il giudizio sovrannaturale della fine della settantesima settimana di Daniele.

Troppi segni andati inosservati: i Tessalonicesi non avrebbero dato ascolto ad una notizia così palesemente falsa.

Conclusione

In conclusione, la diversità di opinioni all’interno del movimento posttribolazionista lascia intendere che è una dottrina ancora in evoluzione e che arranca nell’affermarsi attraverso le Scritture: nei secoli ha preso in prestito dalle tanto disprezzate dottrine del dispensazionalismo e del premillenialismo, evidentemente riconoscendo in esse alcune valide e solide affermazioni, ma è rimasta ancorata ad un tradizionalismo che non regge alla luce della storia né dello studio teologico moderno. Inoltre, mentre ama argomentare tanto contro la dottrina del pretribolazionismo, fallisce nell’affermare i propri punti e soprattutto evita di affrontare proprio quei passaggi paolini che sono il fondamento della dottrina del rapimento.

Prendendo quindi in considerazione le 10 osservazioni fatte, ci sentiamo vivamente di escludere il rapimento post-tribolazione come valido.


  1. ​*​
    Generalmente, i preteristi ritengono che la grande tribolazione sia già avvenuta storicamente nella distruzione di Gerusalemme del 70 d.C., per mano del futuro imperatore Tito, ritenuto l’anticristo. Il preterismo sostiene che l’adempimento delle profezie dell’Antico Testamento sia già avvenuto in maniera parziale o totale.
  2. ​†​
    Ladd dichiara: “Questo va enfatizzato: l’autore afferma il proprio credo in un secondo avvento di Gesù Cristo, personale e premillennialista. Non aspetta altro che la Sua venuta; è la sua beata speranza.”
  3. ​‡​
    Molti Rabbini, sulla base del complesso delle Scritture, erano arrivati alla conclusione che la Bibbia prevedesse due Messia e non uno solo (Matt 11:3).
  4. ​§​
    Lo stesso termine è usato in Giovanni 17:15, quando il Signore prega che i suoi siano preservati dal male. Gundry dedica una sezione del suo libro allo studio di questa parola. Interessante è anche leggere la critica a tale studio mossa da Jeffrey L. Townend, riportata nell’articolo di David G. Winfrey che trovate in Bibliografia.

Bibliografia

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    Paul Benware. 2006. Understanding End-Times Prophecy: A Comprehensive Approach. Moody Publishers, Chicago, IL.
  2. [2]
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    James I. Fazio and Cone Christopher. 2017. Forged From Reformation: How Dispensational Thought Advances the Reformed Legacy. Southern California Seminary Press, El Cajon, CA.
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    George E. Ladd. 1990. The Blessed Hope: A Biblical Study of the Second Advent and the Rapture. Eerdmans, Grand Rapids, MI.
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  9. [9]
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    John F. Walvoord. 1975. Posttribulationism Today Part III: Semiclassic Posttribulational Interpretation. Bibliotheca Sacra 132, 527 (1975), 208–215. Retrieved from https://www.galaxie.com/article/bsac132-527-02
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