È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede

Autore: Vincenzo Page 2 of 3

Napoletano di nascita, figlio di Dio per grazia mediante fede in Gesù Cristo (Giovanni 1:12-13; Efesini 2:8-9). Attualmente vive in Inghilterra con la sua amata moglie Manuela e due stupendi doni del Signore, Cristina e Salvo.

Vincenzo ha ottenuto una Laurea Magistrale in Scienze Informatiche dall'Università degli studi di Napoli Federico II e lavora a tempo pieno come dirigente nell'industria software.

È attualmente iscritto al corso di Laurea Triennale in Teologia (Bachelor of Theology) incentrato su Esegesi ed Ermeneutica e offerto dall'Università di Chester attraverso la King's Evangelical Divinity School.

Romani 13

Romani 13:1-5 — obbedienza acritica alle autorità?

Molti sembrano pensare che Paolo, in Romani 13, insegni un’obbedienza acritica alle autorità; che, insomma, bisogna ubbidire ai governi quale che sia la natura delle scelte di questi ultimi.

Se andiamo un po’ più indietro nel tempo,​[1]​ scopriamo che, al contrario, l’apostolo Paolo veniva a volte quasi criticato per quel che sembrava essere un invito a obbedire alle autorità acriticamente; senza se e senza ma, insomma.

In un modo o nell’altro, è raro vedere una discussione di come questa obbedienza si traduca effettivamente nella pratica. In verità, l’esperienza stessa di Paolo ci fornisce non poche delucidazioni. Non è qui il caso di andare nel dettaglio riguardo i diritti di cui un cittadino romano godeva all’epoca dei fatti di Paolo. Per chi vuole approfondire, Boyd Reese fornisce una panoramica sufficiente.​​[1]​

Lavanda dei piedi

Beato chi fa queste cose

1 Ora prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio se ne tornava, si alzò da tavola, depose le sue vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse. Poi mise dell’acqua in una bacinella, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio del quale era cinto. Si avvicinò dunque a Simon Pietro, il quale gli disse: «Tu, Signore, lavare i piedi a me?» Gesù gli rispose: «Tu non sai ora quello che io faccio, ma lo capirai dopo». Pietro gli disse: «Non mi laverai mai i piedi!» Gesù gli rispose: «Se non ti lavo, non hai parte alcuna con me». E Simon Pietro: «Signore, non soltanto i piedi, ma anche le mani e il capo!» 10 Gesù gli disse: «Chi è lavato tutto non ha bisogno che di aver lavati i piedi, è tutto quanto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11 Perché sapeva chi era colui che lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».12 Quando dunque ebbe loro lavato i piedi ed ebbe ripreso le sue vesti, si mise di nuovo a tavola, e disse loro: «Capite quello che vi ho fatto? 13 Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15 Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io. 16 In verità, in verità vi dico che il servo non è maggiore del suo signore, né il messaggero è maggiore di colui che lo ha mandato. 17 Se sapete queste cose, siete beati se le fate.

Giovanni 13:1-17

Introduzione

Il vangelo di Giovanni è il vangelo che è stato oggetto della mia attenzione per quasi due anni ora, insieme con la prima lettera di Giovanni. Perciò, quando Phil mi ha chiesto di sostituirlo oggi per il messaggio della Santa Cena, è stato quasi naturale pensare a quale passaggio di Giovanni potessi usare in questa occasione. E alla fine ho scelto questo passo perché è collocato cronologicamente all’inizio del giorno 14 del mese di Nisan; ovvero alla sera dell’ultima cena. Come molti sapranno, nel calendario giudaico, i giorni vanno dal tramonto all’alba e non viceversa; ovvero il nuovo giorno inizia di sera. L’ultima cena è quindi collocata all’inizio del giorno 14 del mese di Nisan. Perché lo ribadisco di nuovo? Perché il quattordicesimo giorno di Nisan è il giorno in cui il Signore ha prescritto il sacrificio dell’agnello Pasquale (Esodo 12:1-7) e quindi volevo cogliere l’occasione per sottolineare come Gesù compia la tipologia profetica dietro all’evento della Pasqua ebraica.

Esposizione

Ma andiamo ad esporre il passaggio. Ci sono quattro punti su cui mi voglio soffermare. 

Amore completo

Ora prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine

Nel primo verso leggiamo che “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Qui “i suoi che erano nel mondo” sono i dodici. Ma la frase più bella è che “li amò sino alla fine”. Dio, in Cristo, ci insegna cosa è veramente l’amore. È un atto che non si risparmia, ma si dà completamente. Ed è in questo modo che Dio ha amato il mondo, tanto da dare il suo unico Figlio affinché chiunque creda in lui non perisca, ma abbia la vita eterna (cfr. Giovanni 3:16). Più amore che donarci la vita eterna? E a che costo, poi? Perché, certo la vita eterna è un dono totalmente gratuito per noi, ma a Dio è costato un bel po’, non vi pare?

Divina umiltà

Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio se ne tornava, si alzò da tavola, depose le sue vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse

Giovanni ribadisce chiaramente l’autocoscienza di Gesù. Egli conosce esattamente la sua identità divina, da dove viene e dove va. Eppure, qui vediamo messo in pratica quello che l’Apostolo Paolo ci dice in Filippesi 2:6-7

il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini;

Filippesi 2:6-7

Sicuri in Cristo

Poi mise dell’acqua in una bacinella, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio del quale era cinto. Si avvicinò dunque a Simon Pietro, il quale gli disse: «Tu, Signore, lavare i piedi a me?» Gesù gli rispose: «Tu non sai ora quello che io faccio, ma lo capirai dopo». Pietro gli disse: «Non mi laverai mai i piedi!» Gesù gli rispose: «Se non ti lavo, non hai parte alcuna con me». E Simon Pietro: «Signore, non soltanto i piedi, ma anche le mani e il capo!» 10 Gesù gli disse: «Chi è lavato tutto non ha bisogno che di aver lavati i piedi, è tutto quanto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11 Perché sapeva chi era colui che lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

Tradizionalmente, almeno nella mia esperienza, il messaggio principale che viene tratto da questo passaggio è quello dell’esempio che Gesù da nel servire gli altri, in umiltà. Del resto, Lui stesso lo dice più avanti in questo passaggio: “il servo non è maggiore del suo signore”, “fate come vi ho fatto io”. 

Tuttavia, la classica dicotomia della letteratura di Giovanni tra “vita eterna” e “comunione con Dio” è presente anche in questo passaggio. Quando Pietro si oppone al lavaggio dei piedi, Gesù gli spiega che “se non ti lavo, non hai alcun parte con me”. Nel linguaggio di Giovanni, il “non avere parte” significa non avere comunione, non essere in buoni rapporti. Pietro capisce e, nella veemenza che lo caratterizza, praticamente risponde “be’, se è così, allora lavami tutto!”, rivelando chiaramente il suo cuore. 

A questo punto a me piace immaginare Gesù con un sorriso di quelli che dicono “Anche io ti voglio bene, ma non funziona proprio così”. Infatti, Gesù prosegue con lo spiegare che chi si è fatto un bagno ha bisogno solo di lavarsi i piedi, perché è già “tutto quanto puro”. 

La similitudine che usa Gesù si comprende meglio se ci caliamo nei panni di un ebreo del primo secolo. Se, dopo aver fatto un bagno, si usciva in strada per recarsi da amici, pur essendo ancora tutti puliti, si arrivava a casa di amici con i piedi puntualmente zeppi di polvere. Ed era costume dell’epoca lavarsi i piedi prima di entrare in casa di altri. Di solito l’acqua (o addirittura l’intera lavanda) veniva fornita dall’ospite. 

Ma, tornando a noi, Gesù ribadisce ai 12 “voi siete puri, ma non tutti”, facendo ovviamente rifermento a Giuda Iscariota. Nel linguaggio dicotomico di Giovanni, quello che Gesù ci sta dicendo qui è che gli 11 erano già puri, ovvero avevano già la vita eterna, in funzione della loro fede riposta in Gesù. Però, per avere comunione attiva col Signore, è necessario che Gesù perdoni i loro peccati quotidiani. Quindi, il bagno è simbolo della salvezza, della vita eterna. E dallo scambio tra Pietro e Gesù capiamo che chi ha fatto questo bagno, non ne avrà bisogno di nuovo. Mentre i piedi sporchi di polvere rappresentano il cammino quotidiano del Cristiano, che inevitabilmente accumula peccati giornalieri. Cristo ci dice che se vogliamo avere comunione attiva con Dio, dobbiamo lasciargli lavare via questi peccati quotidiani. E perché ciò avvenga, sta a noi andare da Lui. “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Gv 1:9).Questa distinzione tra salvezza e comunione la ritroviamo anche in Giovanni 15:3-4

Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciataDimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dare frutto se non rimane nella vite, così neppure voi se non dimorate in me.

Pertanto, l’episodio della lavanda dei piedi ci ribadisce ancora una volta la sicurezza del credente in Cristo. Una volta accettati nella famiglia di Dio, ne siamo permanente parte; ciò che facciamo dopo può potenzialmente compromettere la nostra comunione, il nostro cammino terreno e la nostra capacità di portare frutto. Ma non il nostro destino eterno. 

Beato chi fa queste cose

12 Quando dunque ebbe loro lavato i piedi ed ebbe ripreso le sue vesti, si mise di nuovo a tavola, e disse loro: «Capite quello che vi ho fatto? 13 Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15 Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io. 16 In verità, in verità vi dico che il servo non è maggiore del suo signore, né il messaggero è maggiore di colui che lo ha mandato. 17 Se sapete queste cose, siete beati se le fate.

Dopo la lavanda dei piedi, il Signore si riveste e si assicura che i discepoli capiscano bene cosa è appena successo. Il Signore e Maestro si era vestito di umiltà e s’era fatto loro servitore, lavando loro i piedi. “Vi ho dato un esempio” aggiunge. Fate la stessa cosa. Ovvero, servite gli uni gli altri, perché il servo non è più grande del suo signore: “se l’ho fatto io, voi non avete scuse” è come se dicesse Gesù. E questo è appunto l’interpretazione classica e più ovvia del passaggio. Ma alla luce di quanto detto al punto precedente, credo sia giusto inferire che Gesù si aspetti anche che i discepoli perdonino i peccati gli uni degli altri, così come lui perdona i nostri. Del resto, in Matteo 6:15 leggiamo “ma se voi non perdonate agli uomini le loro colpe, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.” Entrambe le cose, il servire e il perdonare gli un gli altri, ci renderanno beati, perché avremo buona comunione col nostro Dio e gli uni con gli altri.

Conclusione

Tutto questo è possibile grazie al sacrificio che Gesù, nel suo completo amore, è stato pronto a fare. Proprio quel sacrificio che dista poche ore dagli eventi di cui abbiamo appena letto in questo passo. Pertanto, presentiamoci davanti a Lui con i nostri peccati quotidiani, consci del fatto che Egli è giusto e fedele da perdonarci; e avviciniamoci alla santa cena, simbolo del sacrificio che ci permette di avere vita e comunione col nostro Dio. 

Covidianesimo, la nuova religione

di MICHAEL BLACKBURN

C’è un tocco di manicheismo nell’aria. Il covid ha cristallizzato un dualismo semi-religioso nella popolazione. Ora sono diventati covidiani, i nuovi credenti. Per loro il mondo fisico è diventato malvagio, infetto, impuro. Il tocco della stessa pelle umana viene evitato per paura dell’infezione. Il proprio respiro è velenoso e deve essere soffocato.

Il grande virus-demone ispira terrore e tremore in tutto il paese. È onnipresente e come il vecchio Dio cristiano, “immortale, invisibile”. E saggio. È in grado di leggere l’ora, contare le sue potenziali vittime, osservare i confini del governo e risorgere dalle proprie ceneri in innumerevoli ondate di distruzione.

Bisogna quindi fare di tutto per combattere questo male. È una lotta all’ultimo sangue anche se le azioni che intraprendi contro di essa uccidono te o i tuoi cari. La mortificazione della carne, della salute mentale, della normale vita sociale e dell’esistenza finanziaria sono diventate obbligatorie.

A opporsi al virus sono i saggi re-dei dell’establishment politico, consigliati dai loro sommi sacerdoti scientifici e medici. Sono la luce e la via. I media agiscono come emissari delle cattive notizie e degli imperiosi editti del governo alla popolazione bovina. La popolazione, a parte un piccolo contingente di eretici, obbedisce, sacrificando quei pochi brandelli di pensiero indipendente forse rimasti alla grande causa del “controllo del virus”, e investendo la loro fede nel credo della “scienza”, lockdown, circuit-breakers, numeri R, distanziamento sociale, mascherine e vaccino.

1 Giovanni 3:6,9 — I veri credenti non peccano?

GraceNotes n.59 del Dr. Charlie Bing

Chiunque dimora in lui non pecca chiunque pecca non l’ha visto né l’ha conosciuto […] Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché il seme di Dio dimora in lui e non può peccare perché è nato da Dio.

1 Giovanni 3:6,9 LND

(Si noti che traduzioni più moderne, come la Nuova Riveduta, non traducono “non pecca” ma “non persiste nel peccare” — affronteremo questo punto più avanti).

Molti hanno difficoltà con questi versetti (e analogamente 5:18 e altri versi in 1 Giovanni, che non possono essere inclusi in questo studio), perché sembrano contraddire l’esperienza e contraddire 1 Giovanni 1:8 che dice:

Se diciamo di essere senza peccato inganniamo noi stessi e la verità non è in noi.

e anche 1 Giovanni 1:9 che dice ai credenti che “noi” dovremmo confessare i nostri peccati.

Quindi, se Giovanni stabilisce il fatto che i credenti peccano nel capitolo 1, come può dire in seguito che i credenti non peccano? Un’interpretazione errata di questi versetti ha indotto molti cristiani a dubitare della loro salvezza.

Grazia Gratuita e Ipergrazia: un confronto

Abbiamo di recente pubblicato un’introduzione generale alla Grazia Gratuita: sistema teologico che esalta le promesse bibliche di Dio riguardo la nostra salvezza, la quale si trova solo nella grazia offerta nel sacrificio di Cristo al credente.

Molto spesso questo sistema teologico è confuso con un altro che ha molte cose in comune con la Grazia Gratuita, ma anche molte importanti differenze. Si tratta della Ipergrazia. Questo breve articolo vuole mettere in risalto tali differenze in modo da preparare il credente a non confondere le due teologie.

Introduzione alla Grazia Gratuita

Alcuni cristiani si identificano come arminiani, altri come calvinisti e alcuni come calminiani (enfasi aggiunta). Ma ci sono anche tanti cristiani che evitano ciascuna di queste etichette, senza avere un nome per ciò in cui credono. Direi che alcuni sostengono la Grazia Gratuita (Free Grace), senza saperlo.

Grazia Gratuita (Free Grace) è un termine relativamente nuovo, ma la sua teologia non lo è. Non è né calvinista né arminiana, ma conservatrice. Ha una visione elevata della Scrittura e supporta la predicazione espositiva e l’evangelizzazione. Ci sono molti che si dichiarano apertamente appartenenti alla Grazia Gratuita, come il Dr. Earl Radmacher, ma molti altri che lo sono essenzialmente nella loro dottrina senza chiamarla così, come il Dr. Charles Stanley.

Mi piace introdurre la teologia della Grazia Gratuita esaminando Giovanni 3:16. È uno dei versi più famosi della Bibbia e molti cristiani lo sanno a memoria. Tuttavia, ho scoperto che pochi credono davvero a ciò che Gesù promette lì.

Ecco Giovanni 3:16, suddiviso in cinque sezioni, ognuna delle quali contiene una preziosa verità:

Perché Dio ha tanto amato il mondo / che ha dato il suo unigenito Figlio / affinché chiunque crede in Lui / non perisca / ma abbia la vita eterna.

Esaminiamo il versetto, sezione per sezione.

Perché il mondo odia Israele? — Il popolo del Re legittimo

Nella parte precedente eravamo rimasti al duplice problema del peccato e del principe illegittimo, Satana.

Dio fornirà la soluzione e in un solo colpo: si farà uomo e riuscirà in quello che l’uomo non aveva potuto e non poteva fare, sconfiggere cioè Satana.

L’obiettivo di questa serie non è quello di analizzare in dettaglio questo mistero, ma è necessario sottolineare un punto: il bambino che sarà chiamato Dio onnipotente dovrà venire alla luce come essere umano, e pertanto dovrà nascere sulla terra e da madre umana. Ciò significa che sarà necessaria una persona reale che farà da madre al Messia, permettendogli così di nascere uomo. Tale persona dovrà quindi necessariamente appartenere a un popolo e provenire da un paese specifico della terra.

Logica vuole, pertanto, che se Satana riesce ad evitare che tale famiglia si formi, o la distrugge una volta che si è formata, vince la sua battaglia: il Re scelto da Dio non può conquistare il trono e Satana rimane in carica sul pianeta.

Tenendo questo ben presente, analizziamo le Scritture per vedere se questo concetto è biblico o semplicemente un’affascinante idea.

Perché il mondo odia Israele? — Quadro generale

Prima di poter rispondere alla domanda «Perché il mondo odia Israele?» è necessario avere una prospettiva più ampia, che vada oltre Israele stesso. La Bibbia inizia con il libro della Genesi, dove Satana, un cherubino, è presentato come un avversario di Dio già dal terzo capitolo. La ribellione contro Dio inizia nei cieli e colpisce il nostro pianeta dal primo all’ultimo libro della Bibbia (Isaia 14:12-15; Apocalisse 12:3-17; 20:7-15).

C’è dunque una guerra in corso su questo pianeta tra forze invisibili a occhio nudo, ma che possono essere viste attraverso gli eventi e le azioni che esse causano. In altre parole, l’odio, le spiegazioni illogiche, i punti di vista ipocriti riguardo le azioni di Israele, sono tutte questioni spirituali che non verranno risolte finché il Messia non verrà a regnare sulla Terra.

È importante tenere presente che Dio crea l’uomo, Adamo ed Eva, per assoggettare e dominare il pianeta (Genesi 1:28). Adamo era responsabile di esercitare tale dominio insieme con Eva. Tuttavia, ingannando Eva e portandola a peccare insieme ad Adamo, Satana rimuove l’uomo dalla sua posizione, introducendo il peccato nella creazione di Dio e assumendo dominio sul pianeta, difatti aggravando ancor di più il suo stato di ribellione. Satana diventa il principe di questo mondo (Efesini 2:2). Questa non è una coincidenza, poiché quando Gesù era nel deserto fu tentato da Satana con un’offerta: Satana gli avrebbe dato tutti i regni del mondo se Gesù si fosse inginocchiato ad adorarlo (Matteo 4:1-11). Affinché questa tentazione fosse reale come le nostre (Ebrei 4:15), l’offerta di Satana doveva essere altrettanto reale. Ovvero, Satana doveva avere una reale autorità, o appunto dominio, sul pianeta.

Perché il mondo odia Israele? — Introduzione

Mio fratello e io non amiamo andare in tour organizzati; ci piace affittare un auto e vedere ciò che riusciamo. Durante la mia prima volta in Israele volevo vedere l’intero paese, perché pensavo che non ci sarei più tornato. E quindi partimmo, facendo oltre 2400 chilometri in macchina! Andammo a Eliat, la parte più a sud di Israele, viaggiando lungo la costa occidentale all’andata e attraverso la Valle del Giordano al ritorno, fino ad arrivare alle due punte settentrionali: Rosh Hanikra e Metula. Mentre eravamo a Metula, ci incamminammo in un meleto e arrivammo a un cancello lungo il confine col Libano meridionale, usato dall’esercito israeliano per andare e tornare: all’epoca Israele aveva ancora controllo di quella parte del territorio libanese.

Gesù è Yahweh – Parte I

Questo è il primo di una serie di brevi articoli che dimostreranno, usando solamente versi biblici, come gli autori del Nuovo Testamento vedevano in Gesù l’incarnazione di YHWH (Yahweh), il Dio vivente di Israele.

Per fare ciò, quando citeremo i versi del vecchio testamento, potremmo aver bisogno di modificarli per esporre l’originale. Infatti, YHWH, il nome di Dio, è storicamente offuscato dalla tradizione ebraica di non leggere il nome di Dio, ma di sostituirlo con Adonai, ovvero Signore. La Nuova Riveduta infatti segue proprio questa tradizione, mentre la Diodati, la Nuova Diodati ed altre traduzioni che si tengono in linea con la Diodati originale, rendono YHWH con Eterno.

Ippolito di Roma e il 25 dicembre

Il Natale non è pagano!

Il Natale non ha origini pagane; e i Cristiani che sono stati così cresciuti e ancora aderiscono a questa linea di pensiero purtroppo non fanno altro che contribuire al diffondersi di falsi miti che sono tanto cari a finti intellettuali anticristiani che credono di sapere tutto (e niente in realtà sanno) sulle origini del Cristianesimo e delle sue tradizioni. Parliamo di postmodernisti, atei ed agnostici che credono alla fiction di Dan Brown o a docufilm propagandistici (e del tutto errati) come Zeitgeist, che sembrano convincenti solo a coloro che sono ignoranti della Scrittura e della storia del Cristianesimo.

L’apostolo Paolo chiama la Chiesa «colonna e sostegno della verità» (1 Tim 3:15), quindi sarebbe il caso che ci comportassimo da tali!

Chiamale, se vuoi, obiezioni – Parte IV

In quest’ultima parte useremo la dichiarazione finale del fratello come spunto per un’analisi del vangelo.

Dichiarazione

La base comune come “la sola grazia mediante la fede”, “la trinità” e “l’assoluta autorità delle Scritture” fa entrare il dispensazionalismo nella chiesa di Cristo, [e sono quindi] miei fratelli.‬‬‬‬

Problemi

Uno: ciò che fa entrare qualcuno nella Chiesa di Cristo è un vangelo corretto e biblico. Il resto delle dottrine va messo da parte, anzi sottomesso al Vangelo. Gli errori dottrinali possono essere corretti, mentre un vangelo scorretto produce un falso convertito il quale non trarrà alcun beneficio dalle restanti dottrine.

Due: almeno sulla carta, il vangelo nella soteriologia riformata è, nel migliore dei casi, problematico. Innanzitutto, l’ordo salutis riformato è invertito rispetto a quello biblico. E poi c’è il rapporto tra la fede e le opere che tecnicamente non è cambiato molto rispetto a quello della chiesa romana. È su questi due punti che ci concentreremo.

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