Il presente articolo vuole riflettere insieme a voi sulla mia recente esperienza di messa cattolica. Alcune delle mie conclusioni o riflessioni potranno risultare controverse, soprattutto negli ambienti che sembrano avere come unica linfa vitale della propria fede quello di tenere il dito accusatorio ben puntato contro la Chiesa Cattolica Romana; ma le controversie portano almeno il beneficio della discussione, che se fatta civilmente, può solo edificare.

Precisazioni

Per chi è nuovo qui, voglio precisare che non sono cattolico romano e, personalmente, non suggerisco a nessun credente, neonato o “datato” che sia, di far parte di una congregazione di tale denominazione. Sia chiaro anche, però, che la ragione per cui non suggerisco la chiesa romana non è perché credo che sia totalmente priva di credenti, ma perché è una chiesa che, teologicamente e dottrinalmente, ha una lista piuttosto lunga di problemi che a mio avviso ostacolano non poco la gioia cristiana e il percorso verso la maturità, nonché l’accesso alla buona novella stessa.

Pedobattesimo

Parte delle nostre famiglie (mia e di mia moglie) restano tradizionalmente cattoliche romane. Ciò significa che quando c’è una nuova nascita, dopo un po’ c’è un battesimo. Un pedobattesimo, nello specifico. Ovvero, il battesimo di un bellissimo bebè 😁

La Chiesa Cattolica pratica il pedobattesimo basandosi sulla teologia del battesimo come sacramento necessario per la salvezza. Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, il battesimo cancella il peccato originale, apre la strada alla santificazione e dà inizio all’integrazione nella comunità cristiana. La pratica è supportata dalla tradizione e dalla loro interpretazione di passaggi biblici come i discorsi di Gesù sull’importanza di “nascere dall’acqua e dallo Spirito” (Gv 3:5).

Va detto, comunque, che anche altre denominazioni praticano il pedobattesimo, tra cui gli Ortodossi, i Luterani, i Metodisti e i Presbiteriani, con giustificazioni teologiche che variano. Tra i tanti, è interessante notare come una delle denominazioni protestanti, i Luterani, sostiene il pedobattesimo come mezzo di grazia divina. Lutero insegnava che il battesimo è un atto di Dio, non un simbolo umano, che conferisce salvezza, perdono dei peccati e nuova vita, indipendentemente dall’età. I luterani si riferiscono anche a passaggi biblici come l’apostolo Pietro che parla del battesimo che “ora vi salva” (1 Pt 3:21) e pratiche della Chiesa primitiva di battezzare intere famiglie.

La messa

Sacerdote: “Che cosa chiedi alla Chiesa?”.

Congregazione: “La fede”.

Sacerdote: “E che cosa ti dona la fede?”.

Congregazione: “La vita eterna”.

È così che è iniziata la messa, domenica. La fede dona la vita eterna. Solo una delle tante contraddizioni di fronte alle quali ti ritrovi quando vai in una chiesa che mescola verità bibliche (il messaggio sopra) con tradizioni (spesso erronee) millenarie. Ma, ancora una volta, se siamo onesti, dobbiamo ammettere che di contraddizioni tra Bibbia e tradizioni ne troviamo tante anche in denominazioni protestanti ed evangeliche.

L’omelia

Arriviamo all’omelia del sacerdote, che è stata la parte che mi è piaciuta di più. Sulla base delle letture bibliche precedentemente fatte dai congreganti, condite da canti di lode rigorosamente a tema, il sacerdote è arrivato alla carica con una predica tanto semplice quanto chiara e franca:

Gesù Cristo è l’unica via per la salvezza. Non c’è nessun altro nome tramite il quale ci si può salvare.

Prendendo spunto da vari testi, non ultimo il discorso di Pietro in Atti 4, il simpatico sacerdote ha dichiarato, apertamente e senza remore, Cristo come sola via al Padre. E ne ha approfittato anche per criticare tutti quei suoi colleghi troppo “ecumenici” che vanno in giro a dire che puoi credere a quello che vuoi, puoi essere persino ateo, l’importante è che “sei una brava persona” e ti salvi. “No!” ha gridato dopo questa critica. “La salvezza per mezzo di Cristo soltanto non ce la siamo inventata noi, gli apostoli la testimoniano da subito, come abbiamo letto” (parafraso, ma il senso è quello).

Non si poteva non apprezzare il suo candore, la sua passione e la sua incrollabile dedizione verso questo principio centrale del cristianesimo.

L’unico vero neo nella sua omelia è stato quando ha equiparato la fede in Cristo esclusivamente all’appartenenza alla Chiesa Cattolica Romana. Quando ha fatto l’elenco dei credi “tollerati” che però non salvano, al fianco di Islam, New Age, Ateismo, etc. ci siamo finiti anche noi protestanti 😅 Ma c’era da aspettarselo.

Se da un lato è vero che non c’è salvezza al di fuori della Chiesa, questo non significa al di fuori della Chiesa Romana Cattolica, anche se loro possono pensarla così. Non c’è salvezza al di fuori della chiesa cattolica, ovvero, universale (ma non romana), per il semplice fatto che chiunque crede al vangelo viene battezzato nella Chiesa, che è il corpo di Cristo (Gal 3:27).

Pertanto, la salvezza può esistere al di fuori della “madre chiesa romana”, ma mai al di fuori di Cristo.

Il prete e i suoi congreganti

Nonostante gli ovvi problemi derivanti dalla tradizione, non posso che promuovere l’omelia del sacerdote. Per chi, come noi, è fervente megafono del messaggio evangelistico di Giovanni:

[…] affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome.

Giovanni 20:31

la dichiarazione audace, franca e appassionata del Cristo come unica via di salvezza merita promozione, a prescindere dagli errori di contorno. Perché nella selva oscura di errori teologici che Satana è sempre maestro a coltivare, la luce del vangelo del Cristo Salvatore risplende sempre e attira coloro che non vogliono nascondersi da essa (Gv 3:20-21).

Pertanto, più del sacerdote e di ciò che egli ha detto, è stata la reazione di diversi presenti a scoraggiarmi.

L’audace affermazione del sacerdote, secondo cui Gesù è l’unica via per la salvezza e nessun’altra fede, credo o “buon comportamento” può salvare, gli è valsa l’etichetta di “razzista”.

Il problema, qui, ha un duplice aspetto.

Il primo e più importante è che alcuni si sono opposti nettamente alla predicazione del sacerdote perché “non si può dire che solo chi crede in Gesù può essere salvato”. Chiaramente, queste persone stanno rifiutando l’affermazione dello stesso Gesù:

“Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me“.

Giovanni 14:6

E di conseguenza stanno rigettando che solo chi crede che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, ha la vita (Gv 20:31).

L’altro lato della questione, che forse esiste solo nella mia mente teologico-filosofica, potrebbe derivare da un malinteso dell’esclusivismo teologico, secondo cui esiste un’unica via verso la salvezza, come insegnato dalla maggioranza delle denominazioni cristiane.

Ciò è distinto dal razzismo, che implica la discriminazione basata sulla razza. La fusione di questi concetti evidenzia una questione significativa nelle nostre discussioni sulla fede: la necessità di chiare distinzioni tra credenze teologiche e ideologie socio-politiche. Il termine “razzista” è un’accusa grave e specifica che non dovrebbe (e non può, Atti 17:26) essere applicata erroneamente al discorso teologico incentrato sulla salvezza.

Conclusioni

Sono almeno tre le conclusioni che possiamo trarre da questa esperienza.

La prima, che noi di Per Grazia abbiamo già raggiunto tempo addietro, è che non si può fare d’un’erba un fascio, nemmeno della tanto invisa chiesa romana cattolica. Noi tutti, nel corpo di Cristo, ci portiamo dietro errori teologici che sovrapponiamo alla predicazione della buona novella. Nel mondo protestante, per esempio, Calvinismo e Arminianismo (due lati della stessa medaglia, e sostanzialmente eredità della teologia agostiniana adottata anche a Roma) sono tra gli errori più grandi. Non per questo la buona novella, se predicata, perde di efficacia. Ciò che impariamo anche dall’esempio della chiesa di Tiatiri (Ap 2:18-29) è che la fede salva anche nel mezzo dei più grandi errori. È solo l’assenza di tale fede (che automaticamente implica l’essere contro Cristo, cfr. Ap 2:24, Mt 12:30) che ci condanna.

La seconda conclusione è che è cruciale insegnare perché è vero che Gesù è davvero l’unica via verso Dio. Carnalmente, posso capire perché le persone possano istintivamente voler pensare che Dio permetta più strade per la salvezza. Ma così non è, e ci sono delle buone ragioni per questo.

La terza conclusione è l’importanza della precisione nel linguaggio e della chiarezza nell’esprimere le dottrine teologiche. Dichiarare che esiste una sola via per salvezza non è un’offesa a chi non crede, quanto un appello a costoro, affinché credano alla verità, anziché alla menzogna propinata da Satana in diverse forme e misure.