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Tag: antisemitismo

Il 7 ottobre e il risveglio di un antico odio

Il 7 ottobre 2023 rappresenta un’immensa tragedia per Israele. L’attacco immotivato di Hamas verso la popolazione civile, che è stata brutalmente assassinata e rapita, ha sconvolto il mondo.

Nelle prime ore di quel sabato mattina, in concomitanza con la festa ebraica di Simchat Torah, oltre 3.000 razzi lanciati da Gaza colpirono città e villaggi israeliani. Sotto la copertura dei bombardamenti, circa 2.000 militanti di Hamas violarono la barriera di confine in più punti, invadendo più di venti comunità civili e avamposti militari. Massacrarono intere famiglie nelle loro case, colpirono brutalmente a morte migliaia di giovani che partecipavano a un festival musicale vicino a Reim, bruciarono case con persone al loro interno e portarono a Gaza più di 240 ostaggi, tra cui donne, bambini e anziani. Oltre 1.200 israeliani furono uccisi in un solo giorno, rendendolo l’attacco più mortale contro gli ebrei dai tempi dell’Olocausto. Hamas filmò e trasmise molte delle uccisioni, celebrandole come una vittoria religiosa. E vi risparmierò i dettagli raccapriccianti e crudi delle loro azioni.

Ma ciò che seguì fu altrettanto rivelatore: mentre Israele cerca di smantellare l’infrastruttura terroristica a Gaza, viene accusato di genocidio, fame infantile e crudeltà. Ancora una volta, lo Stato ebraico diviene bersaglio di un’inversione morale: accusato di aver tentato di difendere i propri cittadini.

Tali reazioni non sono nuove. Sono echi di un antico odio che è riemerso in ogni generazione. I nemici di Israele cambiano nome e lingua, ma l’ostilità di fondo rimane la stessa. L’indignazione seguita al 7 ottobre ha messo in luce quanto l’antisemitismo sia profondamente radicato nella coscienza occidentale. Mentre Israele esercita moderazione e precisione per evitare vittime civili, i media mondiali amplificano narrazioni distorte, rilanciando la più antica di tutte le calunnie: l’idea che gli ebrei siano intrinsecamente colpevoli.

Questo odio, tuttavia, non può essere spiegato solo dalla politica o dai pregiudizi dei media. Le sue radici sono teologiche. Il mondo odia Israele perché Dio lo ama. Il conflitto spirituale che circonda Israele non riguarda confini o politiche: riguarda la fedeltà di Dio alle Sue promesse.

Romani 10:9-10 – È giusto usarli per evangelizzare?

Citati in tanti volantini evangelisti o proclamati dal pulpito, questi versetti vengono spesso usati per indirizzare i non credenti verso il vangelo della vita eterna. Tuttavia, è davvero a questo che Paolo si riferisce qui?

Contesto

Il libro dei Romani fu scritto da Paolo alla chiesa di Roma, che molto probabilmente si formò attraverso la predicazione di Pietro, come leggiamo in Atti 2. Da quel passaggio leggiamo che molti Giudei di “ogni nazione che è sotto il cielo” (v. 5), anche da Roma (v. 10), erano a Gerusalemme per una festività giudaica. Probabilmente questi ebrei tornarono a Roma con il messaggio del vangelo e vi formarono una chiesa. Tuttavia, quella chiesa era molto probabilmente composta sia da ebrei che da gentili, dato che Paolo affronta, in questa lettera, questioni dottrinali per entrambe le audience.

Presumibilmente, il capitolo che stiamo analizzando fa parte di un problema molto specifico che questa chiesa sta vivendo, e Paolo affronta questo problema nei capitoli 9, 10 e 11: un conflitto tra ebrei e gentili, forse una qualche forma di antisemitismo (Ro 14-15). Tuttavia, sostiene Paolo, Dio è fedele e manterrà le Sue promesse (Ro 8:29) sia agli Ebrei, sia ai Gentili. Dio ha infatti eletto Israele (Ro 9), poi ha rigettato Israele a causa della sua incredulità (Ro 10), ma alla fine riceverà e accetterà nuovamente Israele (Ro 11).

Ora, il capitolo 10 inizia con Paolo che dichiara quanto sia grande il suo desiderio di vedere la nazione di Israele rivolgersi finalmente a Gesù come al loro tanto atteso Messia. Ma poi, sottolinea che hanno preferito la propria giustizia a quella di Dio (vv. 3-4). Per questo motivo, non sono in grado di “invocare il nome del Signore”, a causa della loro mancanza di fede (v. 10). Le conseguenze sono l’essere fuori dalla comunione e dalla protezione (v. 10) di Dio.

Gioele 2:32


Il versetto dal libro di Gioele che Paolo cita in Romani 10:13 è importante per la comprensione di Romani 10:9-10. “Invocare il nome del Signore” è qualcosa che i credenti in generale fanno, ma qui è specifico del tempo della Tribolazione (Gioele 2:31), quando Israele riconoscerà il Messia. Essi “invocheranno il suo nome” e saranno salvati, saranno riscattati e finalmente sarà dato loro il regno terreno promesso ai loro padri.

Conclusione

Tenendo conto del contesto di Gioele 2:32 e dello scopo generale del libro di Romani, non si può dire che i versetti analizzati siano soteriologici nel loro scopo. La salvezza di cui si parla nel versetto 9 fa parte di un discorso più ampio che Paolo stava cercando di fare per suscitare accettazione e compassione per la nazione di Israele, eletta irrevocabilmente da Dio (Ro 11:28), temporaneamente fuori dalla comunione (Ro 11 :15), ma che alla fine sarà ripristinata (Ro 11:26). Infine, la salvezza menzionata nei versetti 9 e 10 presuppone anche la salvezza soteriologica, come possiamo dedurre da Romani 10:14-15.

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