Spesso a Natale ci fermiamo all’atmosfera, ma c’è una necessità giuridica dietro l’incarnazione che dobbiamo comprendere per apprezzare ancora più a pieno l’annuncio della buona novella. Tutto ruota attorno al concetto di Go’el. Ma partiamo dall’inizio.
La caduta
Immaginiamo una famiglia nobile e potente, che possiede tutto: terre, autorità e ricchezze. Un giorno, il capostipite commette un crimine terribile, si indebita fino al collo e svende tutto. Non perde solo i possedimenti, ma vende anche i suoi figli come schiavi.
Questa non è una parabola, ma è la storia dell’umanità. Il capostipite è Adamo. Dio gli aveva dato il dominio sul pianeta, ma peccando contro il vero Dio, Adamo ha “svenduto” la sua primogenitura (noi), mettendoci sotto il giogo della schiavitù del peccato e della morte. Ha abdicato al suo diritto di dominio cedendolo a Satana, che la Scrittura chiama “il principe di questo mondo”. Siamo, spiritualmente parlando, in bancarotta.
Le Leggi di Riscatto (Levitico 25)
Per capire come uscirne, dobbiamo guardare alle leggi che Dio diede a Israele. Nel Levitico 25:25, 47-49, leggiamo le leggi sul riscatto:
“Se uno dei vostri diventa povero e vende una parte della sua proprietà, colui che ha il diritto di riscatto, il suo parente più prossimo [il Go’el], verrà e riscatterà ciò che suo fratello ha venduto.”
Queste leggi civili avevano uno scopo pedagogico: insegnavano una lezione eterna. Per essere un Go’el, un redentore efficace, bisognava soddisfare contemporaneamente tre requisiti fondamentali:
- Requisito di Sangue (Parentela): Bisognava essere imparentati con colui che doveva essere riscattato. Un estraneo non poteva intervenire.
- Requisito di Potenza (Ricchezza): Bisognava avere i mezzi per pagare il debito. La sola parentela è inutile senza le risorse.
- Requisito di Volontà: Bisognava volerlo fare. Nessuno poteva essere obbligato a riscattare un parente.
Vediamo un esempio pratico nel libro di Ruth. C’era un parente più prossimo di Boaz (chiamato solo “il tal dei tali”) che aveva il diritto di sangue, ma quando scoprì che il riscatto includeva sposare Ruth e dividere la sua eredità, si tirò indietro. Aveva il sangue, forse la ricchezza, ma non la volontà. Boaz, invece, aveva tutti e tre: era parente, era ricco e, mosso dall’amore, voleva riscattarla.
Il Grande Dilemma Cosmico
Quando applichiamo questo schema alla redenzione dell’umanità, ci troviamo di fronte a un muro che sembra insormontabile.
- Il problema dell’uomo: Per riscattare i figli di Adamo, il redentore deve essere un essere umano (requisito di sangue). Ma nessun uomo ha la “ricchezza spirituale” per pagare il debito, perché “tutti hanno peccato” (Ro 3:23). Siamo tutti schiavi debitori; uno schiavo non può comprarne un altro.
- Il problema di Dio: Dio ha la ricchezza infinita per pagare qualsiasi debito. Ma Dio non è imparentato con noi. Non c’è legame di sangue.
Siamo in un vicolo cieco. Ecco perché Giobbe, nel testo più antico della Bibbia, grida disperato:
“Non c’è fra noi un arbitro che posi la mano su tutti e due.” (Giobbe 9:33)
Nell’antico oriente, “posare la mano” significava identificarsi al 100% con qualcuno. Giobbe cercava un mediatore di pace che potesse essere 100% uomo (per posare la mano su di lui) e 100% Dio (per posare la mano su Dio). Ai suoi tempi, questa persona non esisteva.
Una Nota sulla Creazione di Eva
Apro una piccola parentesi affascinante: quando Dio creò l’uomo, fece Adamo dalla polvere, ma non creò Eva dalla polvere. La trasse da Adamo. Perché? Forse c’è più di un motivo, ma di certo uno di questi è che lo fece affinché Eva fosse dello stesso sangue di Adamo e quindi riscattabile. Se fosse stata creata separatamente, sarebbe stata di un’altra “razza”, e il Go’el di Adamo non avrebbe potuto redimerla. Questo spiega anche perché gli angeli caduti non possono essere redenti: non fanno parte della razza umana.
La Soluzione: L’Incarnazione
La necessità giuridica trova risposta quando la Parola diventa carne (Giovanni 1:1, 14).
In Gesù Cristo, i tre requisiti si incontrano:
- Sangue: Diventando uomo, diventa il nostro parente prossimo.
- Potenza: Essendo Dio, possiede la ricchezza infinita e la purezza per pagare il prezzo.
- Volontà: Gesù stesso dice in Giovanni 10:17-18: “Nessuno mi toglie la vita, ma io la depongo da me”. Aveva il potere e la volontà di farlo.
Cristo è quell’arbitro che Giobbe desiderava.
Il peccato e la maledizione
Ma c’erano ancora due ostacoli. Il Messia doveva essere:
- Un essere umano senza la natura di peccato, che si eredita biologicamente dal padre (Genesi 5, post-caduta, i figli di Adamo sono a sua immagine e somiglianza).
- Il legittimo Re di Israele, discendente di Davide.
Riguardo il primo punto, il problema è ovvio: se ogni discendente di Adamo ha una natura di peccato, come farà il Messia?
Riguardo il secondo punto, abbiamo un problema nelle genealogie.

La linea regale passava da Davide attraverso Salomone. Tuttavia, in Geremia 22, un discendente di Salomone, Ieconia, viene maledetto da Dio: nessun suo discendente prospererà sedendo sul trono di Davide. Eppure è da quella linea che il Messia deve provenire.
Giuseppe (padre legale di Gesù) discendeva proprio dalla linea di Salomone (Matteo 1). Se Gesù fosse stato figlio biologico di Giuseppe, non avrebbe mai potuto regnare a causa della maledizione.
D’altra parte, Maria discendeva da Davide attraverso un altro figlio, Nathan (Luca 3). La linea di Nathan aveva il sangue di Davide, ma non il diritto legale al trono (che spettava alla linea di Salomone).
La Nascita Verginale è il capolavoro giuridico di Dio:
- Nascendo da Maria (senza padre umano), Gesù scavalca la trasmissione della natura di peccato.
- Essendo figlio biologico di Maria, ha il “sangue” di Davide (linea di Nathan).
- Essendo adottato legalmente da Giuseppe, eredita i “diritti” al trono (linea di Salomone), ma non essendo figlio biologico di Giuseppe, non eredita la maledizione di Ieconia.
In una sola mossa, la nascita verginale, Dio risolve l’equazione del peccato e quella del trono contemporaneamente.
“Maria, lo sapevi?”
Tutto questo ci porta a Betlemme. Non è una favola per bambini, né una festa pagana come molti vorrebbero farci credere per svuotarla di significato.
In Luca 2:11 l’angelo annuncia:
“Oggi nella città di Davide è nato per voi un Salvatore, che è Cristo, il Signore.”
- Salvatore: Il Go’el, il riscattatore.
- Cristo: Il Re messianico promesso.
- Signore: Kyrios (in greco), Adonai (in ebraico). Un titolo divino.
Immaginate Maria che tiene in braccio quel bambino. Come dice quel meraviglioso canto “Mary, Did You Know?”: Maria, sapevi che quel bambino ha camminato dove hanno posato piede gli angeli? Che quando baci il suo volto, stai baciando il volto di Dio? Che quel bambino che dorme tra le tue braccia è il Grande “Io Sono”?
Mentre il mondo vede una festa consumistica o un “vecchio simpatico che porta i regali”, o magari anche un dolce bimbo nato nell’umiltà, noi abbiamo l’obbligo di vedere la verità.
Il parente ricco è arrivato.
Il debito è stato saldato.
L’Infinito si è fatto finito per amore.
Il messaggio del Natale è che Dio non ha mandato un delegato. È venuto Lui stesso a pagare il nostro debito. E ad offrire la vita eterna a tutti colori che credono che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio.
Buon Natale, fratelli, il Re è tra noi.
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