Sono cresciuto a Napoli. Da bambino il Natale era…«i regali». I zampognari. I dolci, con paste reali, mustacciuoli, roccocò. Gli struffoli, i datteri, le noci. Fare l’albero all’Immacolata e fare il presepe, ma col bambin Gesù «coperto», perché, è chiaro, bisogna aspettare la mezzanotte del 25 per scoprirlo; nun è nnato ancora, mi par di sentire pure ora la voce di mio padre. Crescendo, si aggiunge l’attesa del cenone della vigilia. ‘A ‘nzalata ‘e rinforzo. Il pranzare leggero il 24 dicembre, solo con una fetta di pizza di scarole. Le candele profumate e quelle mangiafumo. La frittura di pesce e baccalà, e il balcone spalancato per farne uscire la puzza. Mamma relegata in cucina, a volte con qualche zia. Le bancarelle di botti di contrabbando, che all’epoca spuntavano già a Settembre. Un po’ più avanti negli anni e si aggiungono le strade affollate, il consumismo, le decorazioni cittadine. E San Gregorio Armeno: presepi d’artigianato puro che rappresentano paesi interi, comunità, gente d’ogni specie, personaggi famosi. E Betlemme che talvolta lascia spazio a Napoli col Vesuvio, perché si sa, per il Napoletano, Napoli è il centro del mondo. E poi c’era la messa di Natale, finché i miei riuscirono ad obbligarmi. Tanta, tanta tradizione. Alla quale si aggiungeva cultura d’oltreoceano che poco c’entrava con tutto il resto. In televisione dozzine di film hollywoodiani. La favola di Babbo Natale. E il classico ripetuto ad nauseam: «a Natale sono tutti più buoni». Ma perché solo a Natale poi? La gente non può essere buona tutto l’anno? (No, non può (Romani 3:10-12), ora lo so. Ma all’epoca no).
Ad ogni modo, passavano gli anni; la tradizione napoletana persisteva di pari passo col natale hollywoodiano della TV, ma unico era il tema di fondo, chiaramente distinguibile: l’amore. Amore in famiglia. Amore tra due novelli innamorati. Amore dei figli per il padre. Di una madre per le figlie. Amore del presidente americano per il popolo. Amore dei bambini per Babbo Natale. I baci sotto il vischio. Riconciliazioni di famiglie. L’amore come forza universale per risolvere i problemi del mondo.
Ma che cos’era veramente l’amore? E perché se ne parlava così tanto solo a Natale, con tutte queste scene di famiglie idilliache, di perdono, di compassione?
E poi, non manca qualcosa? Natale. Ancora più ovvio in inglese, Christmas. Christ-mass. Messa per Cristo. Dov’è Cristo? Tradizione, americani, Babbo Natale e amore idillico. Ma Gesù? Dov’era?
Certo avevo le basi. Il 25 dicembre era la data scelta per ricordare la nascita di Gesù. Eppure, a parte la messa tradizionale, nessuno ne parlava. Nessuno spiegava il perché fosse così importante. Nessuno che facesse una preghiera di ringraziamento in casa. Gesù non c’era. Tagliato fuori da tutto. A parte, ovvio, che dal presepe, dove, eterno bambino, è spesso messo in secondo piano dalla miriade di personaggi e scenette bucoliche. La generazione precedente alla mia era avvezza a «Gesù bambino» che portava i doni (e non a Babbo Natale). Ma questo è tutto ciò che sapevo. O si diceva. Almeno intorno a me.
Nessuno che avesse una giustificazione per un evento così grande basato sull’amore. E diciamocela tutta: non è che io mi impegnassi più di tanto a cercarla, quella giustificazione.
Così il tempo passava. La mia attitudine verso il Natale passò da quella di bambino e giovane ragazzo, a quella cinica di «giovanotto socialmente impegnato», a quella indifferente, per poi di nuovo tornare a quella di «tradizione da passare famiglia».
Fino a che, un giorno, tutto cambia.
Tra il Luglio e il Settembre del 2012, in quello che è sostanzialmente un attimo, Dio sconvolge le nostre vite: ci salva (2 Timoteo 1:9). Ci rigenera col suo Spirito Santo (Tito 3:5). Ci porta a conoscenza della verità (Giovanni 14:6). E più di tutto, ci infonde il suo amore (1 Giovanni 4:19). Il suo perdono (Atti 13:38). Ci adotta nella sua famiglia (Efesini 1:5). Per sempre (Efesini 1:13-14).
Il creato intero all’improvviso aveva senso. Un po’ come mettere a fuoco per la prima volta. Tutto è chiaro. La storia, il mondo, gli umani, gli animali, la scienza, le guerre, il male, il bene. E anche il Natale; e l’amore.
Il Natale è fondato sull’amore. Ma la gente ha rimosso dal Natale la sorgente dell’amore: Dio in Cristo Gesù. E così facendo, l’ha reso vuoto. Effimero.
L’amore non è quell’idillio temporaneo dei film americani di Natale. Non è l’amore sfascia famiglie di quelli che seguono il proprio cuore e lasciano moglie e figli a casa per coronare il loro sogno. Non è nemmeno quella cosa fredda e indistinguibile dalla luce del vostro comodino quale è il mero segnale elettrico nel cervello che gli atei vi dicono sia l’amore. Difatti, il vero amore non coincide quasi mai col messaggio che riceviamo tutti i giorni da TV, libri, giornali, riviste, filosofie orientali, e quant’altro.
Nessuno ha amore più grande di quello di dare la sua vita per i suoi amici. (Giovanni 15:13) Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita per riprenderla poi. Nessuno me la toglie, ma io la depongo da me. Ho il potere di deporla e ho il potere di riprenderla. Quest’ordine ho ricevuto dal Padre mio». (Giovanni 10:17-18)
L’amore non è semplicemente un sentimento, ma è desiderare il bene dell’altro. Attivamente, coi fatti, e in ogni circostanza. Anche se dovesse costare dolore e finanche la propria vita.
Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. (Giovanni 3:16)
In un mondo dove tutti sono colpevoli (Romani 3:23) Dio avrebbe avuto ogni diritto di punire tutti, e così facendo sarebbe rimasto comunque perfettamente giusto. Ma Dio è immutabile e tali sono i suoi attributi, ugualmente e perennemente. Dio è giustizia (Salmi 89:14), ma è anche amore (1 Giovanni 4:8). E Dio ha riconciliato questi Suoi due attributi in quel Natale di circa duemila anni fa, scegliendo di fare all’umanità il dono più grande che si sia mai visto: il suo Figlio, che avrebbe pagato per i nostri peccati al posto nostro, sulla croce.
L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. (1 Corinzi 13:4-7)
Questo è l’amore. E ognuno di questi aggettivi può essere applicato a Dio stesso. Ma è quando penso all’amore che «soffre ogni cosa e sopporta ogni cosa» che veramente vedo l’amore di Dio in Cristo Gesù.
Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. (Ebrei 4:15) Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. E, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. (Matteo 4:1-2) Gesù dunque, stanco del cammino, stava così a sedere presso la fonte (Giovanni 4:6) E, legatolo, lo portarono via e lo consegnarono a Ponzio Pilato, il governatore. (Matteo 27:2) Ma appena ebbe detto questo, una delle guardie che gli stava vicino dette uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?» (Giovanni 18:22) E Pilato a loro: «Che farò dunque di Gesù detto Cristo?» Tutti gli risposero: «Sia crocifisso». Allora egli liberò loro Barabba; e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. (Matteo 27:22,26) E, spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto; intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra e, inginocchiandosi davanti a lui, lo schernivano, dicendo: «Salve, re dei Giudei!» E gli sputavano addosso, prendevano la canna e gli percuotevano il capo. E, dopo averlo schernito, lo spogliarono del manto e lo rivestirono dei suoi abiti; poi lo condussero via per crocifiggerlo. (Matteo 27:28-31) E quelli che passavano di là lo ingiuriavano […] E nello stesso modo lo insultavano anche i ladroni crocifissi con lui. (Matteo 27:39,44) E Gesù, avendo di nuovo gridato con gran voce, rese lo spirito. (Matteo 27:50)
Gesù ha veramente sopportato ogni cosa. E per amor nostro (Ebrei 12:2), di noi poveri schiavi del peccato che possiamo trovare libertà solo tramite la Sua grazia accessibile tramite fede in Lui (Giovanni 6:28-29,40; 8:34-36).
Qual è, dunque, la ragione del Natale? È il dono di Dio al mondo.
Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo, il Signore. (Luca 2:11)
Con la venuta di Gesù nel mondo iniziava il compimento del piano divino per ridare vita eterna all’uomo e dimostrargli, con fatti, che Dio lo ama. Lo ama tanto che nell’eterna persona del Figlio si è spogliato della sua maestà per farsi l’ultimo degli uomini e pagare per crimini non suoi (Filippesi 2:6-8), ma, anzi, commessi contro di Lui (Salmi 51:4).
Grazie a questo dono, il sottoscritto, prima morto, ora vive (Giovanni 5:24); prima un idolatra, ora adora il Dio vivente; prima un napoletano, ora è un Cristiano (Filippesi 3:20), figlio adottivo di Dio (Romani 8:15). Poiché la ragione stessa del Natale è l’unica ragione di vita dell’uomo, che lo si ammetta o meno.
«Gloria a Dio nei luoghi altissimi e pace in terra agli uomini che egli gradisce!» (Luca 2:14)