È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede

Categoria: Studio Biblico

Mariti, amate le vostre mogli

Tu mi hai rapito il cuore, o mia sorella, o sposa mia! Tu mi hai rapito il cuore con uno solo dei tuoi sguardi, con uno solo dei monili del tuo collo. (Cantico dei Cantici 4:9)

Una buona moglie è un dono e una ricompensa dal Signore.

Casa e ricchezze sono un’eredità dei padri, ma una moglie giudiziosa è un dono del Signore. (Proverbi 19:14)

Godi la vita con la moglie che ami, per tutti i giorni della vita della tua vanità, che Dio ti ha data sotto il sole per tutto il tempo della tua vanità; poiché questa è la tua parte nella vita, in mezzo a tutta la fatica che sostieni sotto il sole. (Ecclesiaste 9:9)

Pertanto, è un bel gesto da parte dell’uomo dimostrare la sua gratitudine; un semplice ti amo fa meraviglie.

Ai mariti vengono date istruzioni precise riguardo le loro mogli.

Coloro che dichiarano di essere Giudei, ma non lo sono

Ecco, ti do alcuni della sinagoga di Satana, i quali dicono di essere Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco, io li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi per riconoscere che io ti ho amato. (Apocalisse 3:9)

Chi sono costoro che dichiarano di essere Giudei ma non lo sono? Dato che il secondo e terzo capitolo dell’Apocalisse si applicano all’età della Chiesa,1 è probabile che il Signore possa essersi riferito a più di un gruppo di persone nel corso della storia. Ricercando, ho trovato diversi gruppi che rivendicano per sé le promesse che Dio ha fatto al popolo del Suo patto. Alcuni di questi vi sorprenderanno.

E la vergine ebbe un bimbo

Perciò il Signore stesso vi darà un segno: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio e gli porrà nome Emmanuele (Isaia 7:14 LND)

Forse non v’è profezia più controversa nel Vecchio Testamento. Molti teologi liberali rigettano la nascita verginale di Gesù come semplice leggenda,1 i Giudei ne negano la validità e i non credenti la deridono come esempio della stupidità necessaria al fiorire della Cristianità.

Eppure uno studio attento della storia di Israele, delle sue leggi di eredità e della promessa che Dio fece al Re Davide dovrebbero portare anche il più scettico degli studiosi a concludere che la nascita verginale di Gesù era necessaria affinché Egli potesse: 1) essere Dio e uomo allo stesso tempo; 2) essere pienamente uomo ma senza peccato, per essere Redentore dell’umanità; 3) avere diritto legittimo a ereditare il Trono di Israele.

Vediamo tutto, passo passo.

Immacolata concezione?

Immacolata concezione?

L’8 dicembre il calendario segna Immacolata concezione, il nome di una dottrina non biblica della Chiesa Cattolica Romana.

Di cosa si tratta?

L’immacolata concezione è la dottrina cattolica secondo cui a Maria è stata usata speciale grazia da Dio, che le avrebbe concesso di nascere senza la natura di peccato che noi tutti ereditiamo da Adamo (Ro 3:23; 5:12). Secondo la tradizione cattolica, questo intervento sarebbe stato necessario affinché Gesù incarnato fosse potuto venire nel mondo senza natura di peccato per vivere quella vita perfetta e pura che ha vissuto, e che ha poi arreso volontariamente come sacrificio propiziatorio per l’umanità intera (1 Gv 2:1-2).

Sigillati

Sicurezza eterna: anche nota come una volta salvi per sempre salvi, è una dottrina molto dibattuta tra i fedeli cristiani, e non solo di recente. Nonostante abbiamo già citato la questione in precedenza, con quest’articolo inauguriamo una serie di studi che presenteremo su questa dottrina biblica.1

Sebbene riteniamo che la Bibbia sia più che chiara a riguardo, data l’esistente controversia, ci sentiamo in obbligo di fornire un’adeguata base biblica per questa dottrina, poiché è parte del nostro statuto di fede.

In questo studio, così come in altri futuri, vedremo come una lettura naturale (letterale, grammaticale, storica e contestuale) della Parola non può portare ad alcun altra conclusione: la vita eterna è assicurata nel momento in cui si crede al vangelo.

Per coloro i quali hanno già pronta la solita domanda («State dunque dicendo che una volta salvo posso fare quello che voglio e ho licenza di peccare?») vi ricordo che tale domanda viene fatta retoricamente anche da Paolo:

Che diremo dunque? Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi? No di certo! Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso? (Romani 6:1-2)

Il problema con questa solita obiezione è che innanzitutto sembra rivelare una disonestà di fondo da parte di chi la solleva: sembra che costoro siano più interessati alla famosa licenza per peccare anziché alla vita eterna. E poi sembra implicare che in qualche modo l’unico problema causato dai propri peccati sia quello della morte e del giudizio finale.

Paolo è chiaro: se il peccato è così sbagliato da richiedere il sacrificio di Cristo, forse è il caso di cambiare mentalità, no? Magari questa vita di peccato tanto conveniente non è? Paolo da nessuna parte afferma che se uno continua a peccare allora non è un vero credente né avanza altre teorie fantasiose come questa. Semplicemente dice: noi che posizionalmente siamo liberi dal peccato veramente vogliamo ancora vivere nel peccato fintantoché siamo su questa terra? Ci conviene?

La garanzia e la sicurezza della nostra salvezza non sono affatto una licenza per peccare (Giuda 1:4) né eliminano la dottrina della confessione (1 Giovanni 1:9; Giacomo 5:16) che è necessaria a una buona relazione col nostro Padre celeste e coi fratelli. Sono uno sprono a vivere per il Signore, sapendo allo stesso tempo di essere liberi dalla condanna eterna: privi di questa preoccupazione, possiamo avanti e lavorare al meglio per Dio.

L’importanza vitale del riposo sabbatico

Mentre i figli d’Israele erano nel deserto, trovarono un uomo che raccoglieva legna in giorno di sabato. Quelli che lo avevano trovato a raccoglier legna lo portarono da Mosè, da Aaronne e davanti a tutta la comunità. Lo misero in prigione, perché non era ancora stato stabilito che cosa gli si dovesse fare. Il Signore disse a Mosè: «Quell’uomo deve essere messo a morte; tutta la comunità lo lapiderà fuori del campo». Tutta la comunità lo condusse fuori dal campo e lo lapidò; e quello morì, secondo l’ordine che il Signore aveva dato a Mosè. (Numeri 15:32-36)

Al lettore superficiale, casuale o scettico che cerca solo di tirare conclusioni fuori contesto, passaggi come questo possono essere motivo di stupore, confusione o perfino sdegno.

Tuttavia, prima procedere col nostro studio, è doveroso ricordare due cose:

  • Israele era una nazione santa (Deuteronomio 7:6). No, non vuol dire che erano tutti perfetti, ma semplicemente che il Signore l’aveva scelta e separata1 di proposito da tutte le altre per la Sua gloria (Deuteronomio 7:7-8) e i Suoi scopi (Isaia 42:9; 43:10; 49:3,5-6). Quindi per quanto dure possano sembrare certe leggi, il punto era proprio dimostrare al mondo l’inarrivabile standard morale di Dio. In questo caso, per giustizia, una legge violata andava punita come da prescrizione (Esodo 31:14).
  • Tutte le cose scritte nel passato, sono state scritte per il nostro insegnamento (Romani 15:4).

Di certo, è possibile dedurre subito una cosa cruciale dal passaggio d’apertura: chi vìola il Sabato muore (Esodo 31:15).

Voi credete che Dio esiste. Embè?

Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita! E pochi sono quelli che la trovano. (Matteo 7:13-14)

Ciò che voglio discutere in questo studio è qualcosa di cruciale ai nostri giorni: la vitale differenza tra fede biblica e mero credo nell’esistenza di Dio.

Perché fin troppo spesso è trapelato che ciò che il mio interlocutore intende per fede in Dio è un mero credere che Dio esiste. Mentre nel Cristianesimo, la fede non è questo. Ma è indissolubilmente legata al perdono dei peccati tramite la nuova nascita.

Questa cruciale differenza rivela anche perché la Cristianità biblica non accetta dottrine come l’universalismo, ma sostiene con audacia che Gesù è l’unica via al Padre (Giovanni 14:6) e qualsiasi altro sistema religioso (così come la mancanza di credo) ci lascia separati da Dio in eterno.

La consacrazione del tempio

Era il 959 a.C. e il Tempio iniziato sette anni prima era stato terminato (1 Re 6:37-38). Salomone aveva fatto portare nel tempio «l’argento, l’oro e tutti gli utensili che Davide suo padre aveva consacrati» (2 Cronache 5:1) e i Leviti vi portarono l’arca del patto (2 Cronache 5:4-5).

Alla fine del discorso e della preghiera di Salomone (2 Cronache 6), leggiamo:

Quando Salomone ebbe finito di pregare, il fuoco scese dal cielo, consumò l’olocausto e i sacrifici, e la gloria del Signore riempì la casa. (2 Cronache 7:1)

La «gloria del Signore», spesso manifesta visibilmente come una nuvola (2 Cronache 5:13-14; Esodo 40:35), nel Vecchio Testamento costituisce la più comune manifestazione della Presenza Divina tra il suo popolo.

Il nostro buon Samaritano

Le parabole sono forse la prima cosa che si impara leggendo il Nuovo Testamento. Il Signore Gesù usava parabole per spiegare le cose in una maniera molto efficace. Questo studio è basato sulla parabola divenuta poi famosa come Parabola del Buon Samaritano (Luca 10:30-35). Gesù usa questa parabola per rispondere a un dottore della Legge che stava cercando di metterlo alla prova (Luca 10:25-29). L’uomo pose la famosa domanda: «Chi è il mio prossimo?». In altre parole: «chi è che dovrei amare come me stesso?» (Levitico 19:18). Quando studiamo questa parabola nel modo classico e applichiamo i buoni principi dell’ermeneutica biblica, l’ovvia conclusione è che il nostro prossimo è chiunque sia nel bisogno.

Chiunque abbia letto il nostro statuto di fede sa che noi sposiamo una lettura letterale, grammaticale, storica e contestuale della Bibbia. Tuttavia, questo non esclude che un dato passaggio biblico abbia letture addizionali, spesso sul livello simbolico. È da notare, comunque, che una lettura simbolica di un passaggio non può comunque violare i principi ermeneutici di base e pertanto essa non può contraddire la lettura letterale dello stesso passaggio, così come la lettura letterale e/o simbolica di tutto il restante testo biblico.

Questa lettura simbolica in aggiunta alla lettura letterale è spesso presente nelle parabole. Del resto la parola “parabola” viene dal greco parabolē che significa «mettere lato a lato», ovvero «comparare». Difatti le parabole sono di solito verità celesti poste in un contesto terreno; pertanto abbiamo due messaggi in uno: una verità letterale, ma anche una verità celeste.

Avendo chiara la verità letterale del passaggio, e sulla seconda, la verità celeste, che il nostro studio di concentra. Ma prima di proseguire, ho pensato che una breve nota sui Samaritani e altre note storiche avrebbero reso più agevole la comprensione di alcuni dei simbolismi che il Signore ha lasciato in questa parabola.

La Trinità in Giovanni 3

Sin dai primi tempi della Chiesa, tre elementi della dottrina cristiana sono stati sotto attacco: la deità di Gesù Cristo (1 Giovanni 1-5), la salvezza per grazia soltanto (Galati 3:3-5), e la punizione eterna per coloro ai quali restano imputati i propri peccati (Isaia 66:24; Daniele 12:2; Matteo 25:41,46). Questi tre elementi dottrinali, che sono inconfutabilmente biblici, sono generalmente un modo pratico e veloce per identificare i culti, ovvero quei credi che sono apparentemente basati sul Dio biblico, ma che in realtà portano un messaggio diverso dal Vangelo di Gesù Cristo. I più famosi di questi culti sono, ad esempio, i Testimoni di Geova o i Mormoni. E coloro che negano la deità di Cristo, ovviamente negano del tutto la naturale pluralità di Dio, pluralità che nell’era Cristiana è stata chiamata Trinità, quando la natura triplice di questa pluralità è divenuta chiara.

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